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Il pm chiede il rinvio a giudizio“Salvati” solo Donnoli e Ascoli
POTENZA – Il pm di Potenza, Salvatore Colella, nel corso dell’udienza che si è svolta ieri mattina, ha chiesto di prosciogliere 2 dei 34 indagati nell’inchiesta sullo scandalo Arpab-Fenice-Pallareta. Si tratta di un dirigente dell’Acta, l’ex municipalizzata dei rifiuti del capoluogo, e dell’avvocato Dino Donnoli. 
Per il primo l’accusa è di falso e di alcuni reati ambientali legati alla gestione della discarica comunale di Potenza, mentre il secondo deve rispondere di un presunto episodio di truffa legato a un contratto di collaborazione stipulato tra il fratello e l’Arpab. A decidere della richiesta del pm che ha anticipato le ragioni della difesa riconoscendo l’estraneità di entrambi ai fatti contestati, che resteranno comunque in piedi per altri, sarà il gip Rosa Larocca al termine delle discussioni previste per il prossimo 21 giugno. Per tutti gli altri indagati Colella ha ribadito la sua richiesta di rinvio a giudizio.
L’accusa più grave resta il disastro colposo per la contaminazione della falda acquifera sotto il termovalorizzatore Fenice, un evento di portata devastante dalle conseguenze difficili da calcolare, che sarebbe stato occultato dai funzionari dell’Arpab e i manager di Fenice che si sono avvicendati dal 2001 al 2010. Di qui le accuse anche di falso e omissione di atti d’ufficio arrivate fino agli uffici del dipartimento Ambiente della Regione. Poi c’è un’ipotesi di truffa perchè in tutti questi anni il termovalorizzatore avrebbe incassato denaro per smaltire i rifiuti di diversi comuni dell’area nord della regione, applicando un sovrapprezzo giustificato col carattere eco-compatibile di un processo che evitava gli incomodi dello smaltimento in discarica, mentre in realtà accadeva il peggio che un amministratore della zona potesse immaginare.
In tutto sono 34 le persone coinvolte nell’inchieste per cui lo scorso 12 ottobre sono finiti ai domiciliari l’ex dg e l’ex coordinatore provinciale dell’Agenzia per l’ambiente, Vincenzo Sigillito e Bruno Bove, accusati di essere stati a capo di una vera e propria associazione a delinquere costituita ai vertici dell’ente di via della Fisica. Poi ci sono Fenice e Tempor spa: la prima che è la società che di fatto gestisce l’impianto al centro del caso di inquinamento ambientale più eclatante degli ultimi anni in Basilicata (stando agli inquirenti la nascita recente di Fenice ambiente srl sarebbe solo un’escamotage per cercare di arginare i possibili contraccolpi giudiziari dell’inchiesta); e la nota agenzia di lavoro interinale. 
La Tempor e il suo responsabile locale, Luigi Montano, sono infatti accusati di aver fatto da intermediari tra le sollecitazioni di Sigillito, e dell’assessore regionale alle attività produttive Erminio Restaino (all’epoca capogruppo del Pd nel parlamentino lucano) perchè venisse reclutata nell’Agenzia una serie di amici e persino parenti di amici pronti ad assicurare il loro sostegno elettorale nelle varie consultazioni all’orizzonte: dalle primarie per l’elezione del segretario regionale del partito di Bersani, alle comunali del capoluogo. Il tutto con contratti di lavoro interinale rinnovati per esigenze “insuperabili” che esistevano soltanto sulla carte.  
Diverse, infine,  le contestazioni per i vertici dell’amministrazioni di Potenza e la controllata Acta spa, che è la ex municipalizzata per la gestione dei rifiuti. Il sindaco Vito Santarsiero e i vari manager che si sono succeduti negli ultimi anni sono accusati di aver gestito una vera e propria discarica abusiva qual’era quella di Pallareta, priva di una serie di requisiti e perdipiù responsabile dell’infiltrazione di una quantità di percolato al di sotto delle vasche. 
lama 
l.amato@luedi.it

POTENZA – Il pm di Potenza, Salvatore Colella, nel corso dell’udienza che si è svolta ieri mattina, ha chiesto di prosciogliere 2 dei 34 indagati nell’inchiesta sullo scandalo Arpab-Fenice-Pallareta. Si tratta di un dirigente dell’Acta, l’ex municipalizzata dei rifiuti del capoluogo, e dell’avvocato Dino Donnoli. Per il primo l’accusa è di falso e di alcuni reati ambientali legati alla gestione della discarica comunale di Potenza, mentre il secondo deve rispondere di un presunto episodio di truffa legato a un contratto di collaborazione stipulato tra il fratello e l’Arpab. 

A decidere della richiesta del pm che ha anticipato le ragioni della difesa riconoscendo l’estraneità di entrambi ai fatti contestati, che resteranno comunque in piedi per altri, sarà il gip Rosa Larocca al termine delle discussioni previste per il prossimo 21 giugno. Per tutti gli altri indagati Colella ha ribadito la sua richiesta di rinvio a giudizio.L’accusa più grave resta il disastro colposo per la contaminazione della falda acquifera sotto il termovalorizzatore Fenice, un evento di portata devastante dalle conseguenze difficili da calcolare, che sarebbe stato occultato dai funzionari dell’Arpab e i manager di Fenice che si sono avvicendati dal 2001 al 2010. 
Di qui le accuse anche di falso e omissione di atti d’ufficio arrivate fino agli uffici del dipartimento Ambiente della Regione. 

Poi c’è un’ipotesi di truffa perchè in tutti questi anni il termovalorizzatore avrebbe incassato denaro per smaltire i rifiuti di diversi comuni dell’area nord della regione, applicando un sovrapprezzo giustificato col carattere eco-compatibile di un processo che evitava gli incomodi dello smaltimento in discarica, mentre in realtà accadeva il peggio che un amministratore della zona potesse immaginare.In tutto sono 34 le persone coinvolte nell’inchieste per cui lo scorso 12 ottobre sono finiti ai domiciliari l’ex dg e l’ex coordinatore provinciale dell’Agenzia per l’ambiente, Vincenzo Sigillito e Bruno Bove, accusati di essere stati a capo di una vera e propria associazione a delinquere costituita ai vertici dell’ente di via della Fisica. Poi ci sono Fenice e Tempor spa: la prima che è la società che di fatto gestisce l’impianto al centro del caso di inquinamento ambientale più eclatante degli ultimi anni in Basilicata (stando agli inquirenti la nascita recente di Fenice ambiente srl sarebbe solo un’escamotage per cercare di arginare i possibili contraccolpi giudiziari dell’inchiesta); e la nota agenzia di lavoro interinale. 

La Tempor e il suo responsabile locale, Luigi Montano, sono infatti accusati di aver fatto da intermediari tra le sollecitazioni di Sigillito, e dell’assessore regionale alle attività produttive Erminio Restaino (all’epoca capogruppo del Pd nel parlamentino lucano) perchè venisse reclutata nell’Agenzia una serie di amici e persino parenti di amici pronti ad assicurare il loro sostegno elettorale nelle varie consultazioni all’orizzonte: dalle primarie per l’elezione del segretario regionale del partito di Bersani, alle comunali del capoluogo. Il tutto con contratti di lavoro interinale rinnovati per esigenze “insuperabili” che esistevano soltanto sulla carte.  Diverse, infine,  le contestazioni per i vertici dell’amministrazioni di Potenza e la controllata Acta spa, che è la ex municipalizzata per la gestione dei rifiuti. Il sindaco Vito Santarsiero e i vari manager che si sono succeduti negli ultimi anni sono accusati di aver gestito una vera e propria discarica abusiva qual’era quella di Pallareta, priva di una serie di requisiti e perdipiù responsabile dell’infiltrazione di una quantità di percolato al di sotto delle vasche.

 

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