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POTENZA – C’era anche l’attuale governatore Marcello Pittella tra gli assessori che hanno approvato la delibera – finora rimasta lettera morta – sulla costituzione della Regione come parte civile nel processo sull’inquinamento del termovalorizzatore Fenice e le raccomandazioni all’Arpab.

Si tratta della numero 1258 del 25 settembre del 2012, un mese prima dell’inizio dell’udienza preliminare.

A presiedere la giunta c’era il vice di De Filippo, l’allora assessore all’ambiente Agatino Mancusi, che è stato anche il relatore del provvedimento.

L’attuale sottosegretario alla Salute del governo Renzi, è l’unico che risulta assente.

Per questo tra i favorevoli manca anche il suo voto, ma c’è quello di Mancusi, e di tutti gli altri: Attilio Martorano, Vilma Mazzocco, Rosa Mastrosimone, Vincenzo Viti, e Marcello Pittella.

Il governatore è l’unico rimasto in Regione, ma a ieri nemmeno da parte sua è arrivato un cenno sui motivi per cui lunedì gli avvocati di via Verrastro hanno disertato la prima udienza del dibattimento. Un fatto eclatante se si considera che la delibera in questione era stata quanto mai esplicita dando mandato all’ufficio legale di costituirsi. E che due anni fa, all’inizio dell’udienza preliminare, non erano mancate le accuse di connivenza con i dirigenti imputati, a cui si era risposto sventolando proprio quella delibera.

Invece, se non fosse stato per un imprevisto dovuto a dei problemi con le notifiche ai manager del termovalorizzatore, lunedì mattina sarebbe scaduto il termine per farlo. Con la conseguenza che la Regione avrebbe dovuto rinunciare a far valere le proprie ragioni rispetto ai presunti responsabili di fatti più o meno gravi, ma che di certo hanno provocato un danno mica da poco all’immagine dell’istituzione minando il rapporto di fiducia con i cittadini.

Sia quelli “interni”, come i dirigenti regionali coinvolti, che quelli “esterni”, come i manager della società francofona che gestisce l’impianto di San Nicola accusati di disastro ambientale.

Tra le accuse per cui il gip Rosa Larocca ha deciso il rinvio a giudizio di 16 imputati c’è l’abuso dei contratti di lavoro interinali all’Arpab, «improntato a criteri clientelari». Ma l’ex direttore generale, Vincenzo Sigillito, deve rispondere assieme all’ex coordinatore provinciale Bruno Bove anche di falso ideologico per aver attestato nelle denunce presentate alle procure di Potenza e Melfi che prima del  2008 non erano mai emersi superamenti delle soglie di contaminazione nella falda sotto Fenice, mentre una perizia fa risalire l’allarme al 2002.

I responsabili della Direzione ambiente della Provincia di Potenza e dell’Ufficio compatibilità ambientale della Regione, Domenico Santoro e Salvatore Lambiase, sono accusati di omissione d’atti d’ufficio per non aver imposto lo stop alle attività dell’inceneritore una volta venuti a conoscenza dell’inquinamento fino a quando non fossero stati verificati i dati rilevati e ripristinata la «condizione di normalità» nella gestione dell’impianto.

Quanto invece ai vertici di Fenice spa il capo d’imputazione per cui è stato disposto il rinvio a giudizio parla di truffa per aver smalito per anni i rifiuti di Melfi e di diversi comuni del potentino a costo pieno, mentre il trattamento avveniva tutt’altro che a regola d’arte danneggiando in particolare all’ambiente circostante. Con il concorso dei vertici dell’Arpab che avrebbero mascherato i risultati delle analisi chimiche. Più «disastro ambientale» per non aver attivato le procedure di emergenza previste una volta scoperta la presenza di «metalli pesanti e soventi organici clorurati anche cancerogeni» nella falda.

Rispetto al terzo filone dell’inchiesta condotta dai militari del Noe e del Reparto operativo dei carabinieri, che riguarda la gestione della discarica comunale di Potenza, il gup ha accolto le richieste dell’accusa solo per l’ex direttore e l’ex presidente dell’Acta Rocco Robilotta e Domenico Iacobuzio, tuttora consigliere provinciale del Pd. Più il dirigente dell’ufficio ambiente del Comune di Potenza Giancarlo Grano. Tutti accusati di aver smaltito in maniera non autorizzata il percolato presente sul fondo della discarica di Pallareta senza denunciarne la presenza.

l.amato@luedi.it

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