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POTENZA – Una lunghissima relazione, durata oltre due ore, per scaricare tutte le responsabilità di dieci anni di omissioni sull’inquinamento provocato da Fenice sull’Agenzia regionale dell’Ambiente. Colpevole di non aver comunicato alla Regione i risultati delle analisi delle acque per i primi cinque anni. E di averlo fatto solo dal 2007 inviando i dati relativi all’anno precedente, con una documentazione «incompleta, sciatta, inadeguata». E’ questa la posizione ufficiale della Regione Basilicata rispetto al caso Fenice affidata ieri al minuzioso rendiconto dell’assessore all’Ambiente, Agatino Mancusi, che ha ricostruito e dettagliato la lunga storia dei rapporti della società Edf con il territorio e le sue istituzioni. La prima da quando, dopo anni di attesa, sono stati tirati fuori i dati Arpab che datano l’inizio del disastro ambientale del termovalorizzatore di Melfi al 2002. Che però non spiega, alla platea dei consiglieri – tra i quali anche i due ex assessori al ramo Erminio Restaino e Vincenzo Santochirico che forse sula questione dovrebbero sapere e dire più di quanto fanno – perché la Regione non ha mai chiesto conto di quei dati mancati, o comunque incompleti, a quello che era ed è il suo braccio operativo in fatto di Ambiente a cui era stato affidato il piano di monitoraggio del Vulture Melfese. Le domande dunque rimangono: perché il dipartimento ambiente non ha mai preteso i risultati di quei monitoraggi e perché nessuno si è mai accorto della incompletezza della documentazione? «La Regione ha notizia del possibile inquinamento delle acque di falda, per la prima ed unica volta, nel 2009, a seguito della comunicazione dell’Arpab, in cui si accerta l’avvenuto superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione per sostanze quali nichel, Mercurio, fluoruri, nitriti, tricloroetano, tricloroetilene, tetracloroetilene, bromodiclorometano e dibromoclorometano», tornerà a chiarire Mancusi che definisce la sua stessa analisi «impietosa».
E’ da allora che si sarebbe messa in moto una efficiente macchina istituzionale per fronteggiare l’emergenza.
Per quanto accaduto prima, sul fronte del monitoraggio, le responsabilità sono state fatte ricadere esclusivamente sull’agenzia regionale per la tutela dell’Ambiente. Per Fenice, invece, le parole di condanna sono state poche. Anzi. Solo il presidente della III commissione, Giannino Romaniello, relazionando sui lavori svolti, ricorderà che «Fenice si è macchiata di gravi colpe». Ma le omissioni e la mancata denuncia sul pesante inquinamento in corso ora sembrano contare poco. Non alla luce delle novità dei prossimi mesi: l’impegno di Fenice a presentare un piano di bonifica entro il 18 ottobre, e, soprattutto, attività future improntate a maggiore trasparenza e controllo. Tanto basta alla Regione per confermare che nel giro di poche settimane verrà approvata l’Autorizzazione integrata ambientale che «imporrà nuove prescrizioni» alla società che gestisce il termovalorizzatore. E proprio su questi nuovi vincoli imposti che si basa la seconda chance per Fenice . «Verranno introdotti – spiega Mancusi – molte innovazioni sugli aspetti di comunicazione e di reporting dei dati all’esterno e alle popolazioni, con dati giornalieri, settimanali, mensili ed annui, con comunicazioni alla Regione, alla Provincia, all’Arpab e i comuni di Melfi. Con una relazione annuale resa accessibile al pubblico». Inclusa l’importante novità di uno studio epidemilogico di chi si farà carico Edf. Garanzie che però non bastano gli ambientalisti della Ola che non aspettano neanche la fine dei lavori dell’assemblea per puntare il dito contro l’assessore: «Si dimetta e lasci stare il rilascio di un’Aia tardiva e sospetta». Ma l’assessore non convince neanche alcuni membri del comitato del diritto per la salute di Lavello e Maurizio Bolognetti, che contestano alcuni passaggi della relazione. In mattinata i consiglieri erano stati accolti da sit in di protesta del leader dei Radicali che chiede di fermare Fenice. Come stare tranquilli, del resto, dopo il pericoloso incendio divampato solo due giorni fa all’interno dell’inceneritore, le cui fiamme hanno illuminato a giorno il cielo di San Nicola per diverse ore della notte tra sabato e domenica?
Nella sala antistante all’aula del Consiglio ci sono anche i sindaci di Lavello, Antonio Annale, e Melfi, Livio Valvano. Quest’ultimo, lo scorso luned, si è presentato in Procura e ha presentato un esposto. E’ la terza volta che chiede la sospensione della attività di Fenice. Posizione evidentemente poco conciliabile con quella della Regione, pronta a rilasciare l’Autorizzazione integrata ambientale.
Ma nella relazione dell’assessore Mancusi c’è di più: «I rischi sulla salute dell’uomo per l’inquinamento provocato da Fenice sono molto inferiori a quelli ammessi dalle norme. Ma noi pretendiamo di più e la società ha accettato». Mancusi si riferisce al fatto che – secondo le norme che regolano la materia – sarebbe possibile per Fenice procedere alla bonifica anche dopo la chiusura dello stabilimento. «La Regione – spiega l’assessore – ha proposto nella Conferenza dei servizi dello scorso 31 marzo come obiettivo la bonifica immediata e il ripristino dello stato ambientale originario del sito con la tutela eliminazione delle sostanze inquinanti».
«Fenice – ha assicurato Mancusi – ha aderito alle richieste della regione mediante specifica dichiarazione confermata nella Conferenza».
Poi ci sarebbero le nuove garanzie che arrivano dalla “nuova” Arpab, e dal sistema di monitoraggio «che la Regione ha voluto potenziare». Questa mattina la palla passerà al Consiglio provinciale.

Mariateresa Labanca

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