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FERRANDINA – Sono scesi in piazza gli esclusi dalla graduatoria del Copes. Si sono accorti che le raccolte di firme da sole non bastano per attirare l’attenzione delle istituzioni sulla loro condizione di disagio. Che, in molti casi, è sociale prima ancora che economico. I “fortunati” a Ferrandina sono appena trenta. A presentare domanda, invece, sono stati in 127. In larga parte famiglie giovani in difficoltà. Che non si spiegano le ragioni dell’esclusione e chiedono di vederci chiaro. «Chi controlla la veridicità dei requisiti?» – è la domanda che si pongono da giorni. Da quando, cioè, sono state rese note le graduatorie degli ammessi. «Qui ci conosciamo tutti – dicono i promotori del sit in – e basta scorrere la lista per accorgersi che ci sono delle palesi ingiustizie». L’intenzione, di chi è arrivato persino ad invocare una verifica della Guardia di finanza, non è certo quella di innescare una infruttuosa guerra tra poveri. Ma che i finanziamenti, già ridotti all’osso dai tagli imposti dal Fondo sociale europei, finiscano nelle tasche di chi ha realmente bisogno».
A ritrovarsi in piazza De Gasperi, intorno alle 11, non sono neanche tutti. Una cinquantina appena. I più agguerriti. Molto probabilmente anche i più bisognosi. Quasi tutti ricorrono all’aiuto di associazioni di volontariato e assistenti sociali per assicurarsi i generi di prima necessità. I cosiddetti “pacchi alimentari”. Ma anche su questo fronte i racconti, raccolti a margine del corteo, sono di ingiustizie e umiliazioni continue. Quelle a cui sono sottoposti i poveri che ci sono, anche se non si vedono. Forse perchè la loro voce, spesso, è strozzata dall’indifferenza o, più semplicemente, dal senso di dignità peculiare di chi è in difficoltà. A sfilare in corteo, accompagnati da striscioni e cori di protesta (la Regione il bersaglio principale), quasi tutte donne. Mamme. Tra di loro c’è Rosalba. E’ incredula. Non si spiega come mai nella graduatoria generale si trovi solo all’ottocentesimo posto. «Eppure – ci racconta con gli occhi lucidi- sono madre di cinque figli (l’ultima di pochi mesi), il marito detenuto da un anno, una casa in affitto che è un buco». Un’esclusione davvero inspiegabile. Ma le storie analoghe sono tante. C’è anche chi ha perso il lavoro lo scorso anno, ma il suo reddito è stato valutato in base all’Isee dell’anno precedente, per cui non può vantare alcun diritto. E nel frattempo non sa come tirare avanti la baracca. Tra un racconto e l’altro si arriva fino in piazza Plebiscito, davanti al municipio. Ma attorno si respira solo indifferenza, se non in alcuni casi, addirittura fastidio. E anche le istituzioni restano mute. Dal Palazzo nessuno che si scomodi ad uscire anche solo per una pacca sulla spalla. Una solitudine che spaventa.

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