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C’È una spada di Damocle che pesa sul capo dei lavoratori di Ferrosud. Si chiama concordato preventivo e, nonostante la sua omologazione risalga al 2011, non è ancora diventato realtà.  Cgil, Cisl e Uil, hanno scritto al Mise (ministero per lo sviluppo economico) chiedendo la convocazione di un incontro al più presto per un confronto che «Si ritiene fondamentale per il prosieguo delle attività nello stabilimento. Tra i lavoratori – si legge ancora nella nota delle tre sigle sindacali – c’ è grande preoccupazione circa la messa in discussione dei 144 posti di lavoro».  Il percorso della Ferrosud, d’altronde, è tortuoso da tempo e ha messo più volte in discussione la prosecuzione dell’attività dello stabilimento di Jesce.

UN CASO UNICO: Il caso della fabbrica è unico nel suo genere, nell’aprile scorso sempre i sindacati, nel corso di un incontro convocato proprio nella sede di Ferrosud avevano sollecitato la chiusura del concordato da parte del commissario straordinario, Antonio Casillo che, invece  non lo aveva fatto.

Lo stabilimento, infatti, pur avendo già alcune commesse, rischiava lo stop definitivo a causa di questo ginepraio.

Nemmeno l’intervento del Prefetto Luigi Pizzi, aveva ridotto i tempi per giungere all’approvazione del provvedimento.

Dal momento che il fattore tempo, ancora una volta, è di primaria importanza, si è deciso di rivolgersi al sottosegretario del Mise, Vicari per sollecitare una riunione che ponga fine ad uno stilllicidio fin troppo lungo.

FUORI TEMPO MASSIMO? Sulla vicenda interviene Giuseppe Giannella (Fiom-Cgil): «Ormai, pur se con numerose proroghe, siamo fuori tempo massimo per il concordato. Omologato nel 2011, la legge stabilisce che i tempi vadano dai 6 mesi ai 18, ma in questo caso non è accaduto – prosegue – D’altronde le risorse per la chiusura del concordato ci sarebbero pure quindi a questo punto vogliamo una soluzione in tempi certi».

In una comunicazione inviata al Mise e ai sindacati l’8 luglio scorso, lo studio legale Canfora  Del Nostro, che cura gli interessi di Ferrosud, ha sottolineato ancora una volta la necessità di giungere ad una soluzione in tempi brevi.

LA VENDITA DELL’EDIFICIO: «Il piano concordatario prevedeva un processo di ristrutturazione dei debiti attraverso il ricavato della dismissione dell’unico immobile di proprietà della Ferrosud» che in questo avrebbe consentito di proseguire, rilanciando, l’attività dell’azienda.

«Il commissario liquidatore – prosegue la ricostruzione dei legali di Ferrosud – ha provveduto a pubblicare i bandi per la vendita ma le aste sono andate deserte». Stallo che si interrompe il 17 ottobre 2013,  quando la Ferromec srl presenta una manifestazione di interesse pari a 6 milioni 500 mila euro a patto che si realizzi la scissione parziale proporzionale, approvata dall’assemblea di Ferrosud. La scissione prevede il trasferimento di parte del patrimonio ad una società costituenda che proseguirà l’attività produttiva e consentirebbe  una serie di vantaggi sotto il profilo gestionale e la definizione di attività e passività.

L’OFFERTA E L’OPPOSIZIONE: L’offerta di Ferromec, l’unica mai giunta, in realtà avrebbe risolto finalmente la situazione, ma il 31 ottobre dello stesso anno la Cometi srl si oppone alla scissione, sostendendo che lede i suoi diritti, le aspettative patrimoniali e che si trattava di un passaggio non previsto dal piano di concordato di Ferrosud.

Su questa opposizione si esprimerà il tribunale di Potenza nella seduta fissata l’1 ottobre prossimo.

«L’operazione di scissione- scrive invece lo studio legale – non pregiudica gli interessi nè dei creditori di Ferrosud nè di Cometi. Appare evidente – prosegue la nota – che la semplice pendenza dell’azione legale promossa da Cometi, ha provocato lo stallo della procedura di concordato preventivo di Ferrosud in quanto non consente di dare regolare esecuzione alla vendita dell’immobile. Tale situazione incide sul rilancio dell’attività aziendale di Ferrosud che svolge attività di interesse pubblico in quanto collabora principalmente con Trenitalia per la realizzazione e ristrutturazione della linea ferroviaria e delle carrozze dei treni, ma anche per il mantenimento  dei livelli occupazionali della società presso la quale, oggi trovano impiego 140 dipendenti».

Ragioni più che valide quelle sottolineate dello studio legale, che si incrociano ai destini degli operai i quali, pur a conoscenza della opportunità fornita da commesse giunte in azienda, rischiano di vedere svanire il loro futuro in una bolla di sapone.

La decisione di rivolgersi direttamente al sottosegretario del Mise, indica molto chiaramente la necessità di condurre a buon fine, in tempi certi, una vicenda che da troppo tempo tiene in bilico il futuro di centinaia di lavoratori, mentre il Paese sta per “chiudere per ferie”, rinviando alcune decisioni ala ripresa delle attività a settembre. 

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