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POTENZA – La mossa dell’Acm, il consorzio che mette insieme le 13 aziende dell’indotto Fiat di Melfi, potrebbe costare cara non solo alla Basilicata, ma all’intero modello dell’automotive italiano. Il recesso di tutti i contratti, anche quelli aziendali e la “minaccia” di uscita dal contratto nazionale suonano infatti come una proposta per nulla velata in movimento verso il cosiddetto “contratto Fiat”. In pratica dal primo luglio l’Acm dovrebbe applicare una nuova piattaforma, costruita sul modello contrattuale della Fiat.

E questo, per i lavoratori dell’indotto, è un rischio. la questione ovvimaente non è gradita ai sindacati, soprattutto alla Fiom, anche perché nell’incontro dei delegati dell’Acm nella sede di Confindustria di Napoli l’azione è stata compiuta in maniera del tutto unilaterale.

Ed è per questo che la Fiom annuncia «tutte le azioni utili a chiedere il ritiro della lettera di recesso e la sospensione dei suoi effetti per l’apertura di un reale negoziato che parta dalla situazione industriale e di investimenti, sulla base di proposte utili ad affrontare le necessità produttive ed organizzative per mantenere ed implementare l’occupazione nel rispetto dei diritti, degli accordi sottoscritti e della legge.

Nonostante, come dichiarato nell’incontro da Acm, non ci sia alcuna certezza produttiva e occupazionale per i dipendenti dei singoli stabilimenti – poiché non c’è certezza sui volumi produttivi che Fiat Sata dovrebbe garantire alle 13 aziende consorziate – e nonostante l’utilizzo in corso degli ammortizzatori sociali, vengono cancellate la contrattazione, i diritti e il salario.

Il problema del futuro occupazionale e produttivo riguarda i circa 3.000 lavoratori dell’intero indotto Fiat Sata».

Sì, perché il rischio principale è proprio l’occupazione. Con un nuovo contratto bisognerà rivedere le necessità dell’indotto, il che potrebbe trasformarsi automaticamente in licenziamenti. Ma dall’altra parte della barricata c’è anche l’Ugl, dichiarata «disponibile nel trovare una soluzione idonea che possa soddisfare tutti i lavoratori della aziende consorziate a condizioni che si salvaguardino anche tutti i lavoratori e  le aziende che ad oggi non fanno parte del consorzio Acm nel comprensorio industriale di San Nicola di Melfi. La disponibilità accordata dall’Ugl a 360 gradi è legata ad obbiettivi principati ed imprescindibili: garantire competitività, assicurazioni su mantenimento degli attuali livelli occupazionali, rendere sempre più valorizzabile il livello di servizio delle aziende consociate verso la Sata Fca e rendere migliorabili le condizioni retributive di tutti i lavoratori delle 13 aziende ossia, dei circa 1650 dipendenti.

Nell’ottica propositiva, inoltre, abituati nel vedere il bicchiere “mezzo pieno” – concludono Russo e Tancredi – l’Ugl chiede che da subito, e comunque prima del primo luglio, avvenga un confronto serrato con il sindacato per la stesura di un nuovo accordo che dia alle parti più garanzia per le importanti sfide future alle quali aziende e lavoratori saranno chiamati». una nuova battaglia si prospetta nei prossimi mesi

v.panettieri@luedi.it

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