X
<
>

Condividi:
6 minuti per la lettura

Un avverbio istintivamente pronunciato da Edmondo Soave, il giornalista del Tg-rai della Basilicata, e cioè “addirittura”, rivolto all’ex presidente della Regione, De Filippo, sintetizza in modo plastico il percorso che ha caratterizzato la consiliatura appena conclusa, con un presidente che per l’ennesima volta ha continuato a sostenere la sua realtà virtuale, negando l’evidenza, ossia 8 anni di  gravi insuccessi socio-economici, di cui porta ovviamente la maggiore responsabilità, che sono la causa dell’epilogo delle elezioni anticipate, del pesante astensionismo alle elezioni dei giorni scorsi e così via, al punto da spingere Soave a manifestare tutta la sua incredulità.

Prepariamoci, purtroppo,  a risentire De Filippo, nella sua qualità di segretario del Pd lucano, una declinazione questa volta partitica del “tutto è a posto”, alla faccia della discontinuità.

Ecco, dal nuovo governatore, Marcello Pittella, ci aspettiamo un comportamento esattamente opposto: Parta dalla grave crisi, in cui ci troviamo e si batta con tutte le sue forze per rivoltare come un calzino l’assetto della regione.

Si è già espresso in tal senso appena eletto presidente, dovrà dimostralo con i fatti, cosa alquanto difficile, dato il contesto di riferimento, costellato dalla tempesta perfetta in cui versa l’economia lucana, dai conflitti interni al Pd lucano, speculari a quelli nazionali, da una pesante disaffezione dalla politica di larga parte dell’elettorato, da corporazioni chiaramente quanto storicamente attestate  a difesa dei propri privilegi, dai tanti mercati protetti, a cominciare dalla Pubblica Amministrazione, ostinati ad opporsi a qualsiasi mutamento, da condizionamenti culturali, in senso antropologico, che attraversano in profondità la società regionale (dal familismo amorale alla prassi delle scorciatoie clientelari).

Rimuovere questi pesanti macigni non sarà agevole Non è un caso che finora nessuna classe dirigente non ci sia riuscita. A rendere ancora più fosco tale scenario, contribuisce il percorso con cui si è arrivati alla presidenza Pittella:l’essere stato ed essere tutt’ora il presidente  minoranza nel Pd regionale, l’essersi  avvalso di sostegni determinanti per vincere le primarie di taluni soggetti che rappresentano ormai le retroguardie della rappresentanza politica, soggetti che, tuttavia,  già si apprestano a organizzare la nuova corte del presidente, inficiando di fatto e da subito un eventuale processo di cambiamento.

Last, but non least: da una stima di larga massima, emerge che attualmente Pittella potrebbe contare (il condizionale è d’obbligo) su circa il 20% del suo elettorato pronto a seguirlo sulla via del cambiamento, una massa critica modesta e  che in quanto tale lo rende molto debole .Ammesso e non concesso che voglia farlo.

Il nuovo governatore parla di “cambiare o sarà un suicidio” ma tale obiettivo apprezzabile passa attraverso l’accantonamento definitivo delle zavorre prima accennate che sono le fondamenta di un sistema di potere che ha ramificazioni profonde nella società regionale e che fissa la decrescita, sia economica che sociale.

Il 53% di coloro che hanno disertato le urne esprime certamente un forte disagio nei confronti della politica, una parte rilevante degli stessi che in passato ha mostrato rassegnazione e passività, sostegno e voto nei confronti della politica finalmente ha tirato fuori un  dissenso che va capito ed interpretato.

 Certo, non si può teorizzare l’astensionismo, alla lunga fa il gioco del potere esistente. Ha dato certamente una prova di maturità, non lasciandosi affascinare da Grillo, lettore attento di Tex Willer (ricordate Grillo: arrendetevi,  siete circondati)  e largo di promesse assolutamente demagogiche e populistiche come i 40 miliardi di euro da destinare al reddito di cittadinanza, quando non si riesce a reperire  poco più di un miliardo per non pagare la seconda rata dell’imu, né dalla tradizionale offerta politica di centro-destra, da tempo in disarmo.

Il messaggio”recuperare i lucani delusi” del nuovo presidente  è ambiguo: recuperarli in quale ottica? Semmai occorre andare verso di loro, assecondarne le spinte innovatrici, collegandole alle forze di rinnovamento di cui il presidente dispone almeno sulla carta.

 Il nuovo sta potenzialmente ed in misura rilevante  lì e in coloro che votano per l’opposizione (i grillini al netto degli aspiranti professionisti della politica che scorgiamo nei gazebi di 5 stelle,  i votanti per la destra che lo fanno per motivi ideologici) o per la sinistra, ma turandosi il naso. E’ una maggioranza silenziosa che non riesce a coagularsi, tuttavia, intorno ad una offerta politica credibile.

 E’ in tale ambito che occorre comunque fare massa critica, farla lievitare con un dialogo costante e con scelte e decisioni politiche, finalizzate a scardinare il modello di governo in atto e trasformare la mezza rivoluzione evidenziata, non soltanto dagli astensionisti, ma anche dalle forze più illuminate presenti all’interno della sinistra e più in generale nella società (mondo cattolico, volontariato, ecc.,) in rivoluzione vera e propria.

Ci sono prodromi in tale senso, vanno colti con immediatezza, raccordando meriti e bisogni, categorie svantaggiate e ceti professionali consolidati che vogliano smettere di stare alla finestra, al fine di uscire metodologicamente e fattivamente dalle pastoie della pura gestione del potere fin qui realizzate che sono servite per mettere in piedi lo zoccolo duro per ottenere consenso anche in queste ultime elezioni.

Il dilemma che Pittella ha di fronte è: avere consenso per far sopravvivere meno di 1/3 della società regionale, mettendo in primo piano il ceto politico, ricorrendo alle clientele, alla spesa pubblica da distribuire in modo improduttivo(a questo portano le clientele), una strada che ci porta ad un declino per certi versi irreversibile, o incamminarsi su quella del maggiore sviluppo possibile, che comporta –è bene saperlo- nuovi equilibri di potere, una nuova classe dirigente,  una impresa capace di fare da sé, giovani che sappiano accettare le sfide che la modernizzazione del lavoro richiede, sindacati che vogliano sporcarsi le mani, in un processo che coinvolga l’intera società, indirizzandola ad usare le potenzialità individuali e collettive che possiede, determinando una situazione di piena occupazione, in base alle grandi risorse disponibili,premessa indispensabile per avere un senso di comunità che attualmente non abbiamo  e che va introdotto con urgenza intorno ad un progetto, ad un nuovo modello economico e a nuove istituzioni, intese sia come regole e sia come apparati pubblici e privati di governo della comunità nel suo insieme.

Detto altrimenti, Pittella vorrà essere prigioniero del sistema attuale o, al contrario, il leader del cambiamento, pronto a mettere in discussione comode rendite politiche, di cui dispone ampiamente, rischiando la rielezione, opponendosi al sistema assistenziale attuale, ma lavorando per il bene della Basilicata?  

Il tempo e le cose realizzate ci diranno quale strada imboccherà.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE