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POTENZA – Il perito della forestale si regalava una mezzoretta di non lavoro appena arrivato, annotando nel registro d’ingresso negli uffici di via Mazzini un orario anteriore a quello effettivo. Dopodiché usciva a fare le sue cose, a volte accompagnato pure da un collega ispettore, così a marzo dell’anno scorso i carabinieri hanno arrestato tutti e due.

Dovranno comparire questa mattina davanti al gup Luigi Spina: il perito del Corpo forestale dello Stato Angelica Grippo di Brienza; e l’ispettore Matteo Lacava di San Chirico Nuovo. Con loro ci sarà anche l’assistente Domenico Venezia di Tolve, ma per un singolo episodio un po’ particolare. Altre 4 persone, invece, risultano indagate ma in un altro filone dell’inchiesta, e le loro posizioni verranno discusse a parte. Si tratta di tre impiegati più un operaio utilizzato per il lavoro d’ufficio. Nell’ordine: Spartaco Battista di Tito, Filomena Giuliana Caggiano di Potenza, Vito Donato Lucia di Tolve e Maria Di Muro di Brienza. Per tutti loro l’accusa è di falso e truffa con l’aggravante di aver commesso il fatto «con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio». 
L’inchiesta è stata condotta dai militari del nucleo investigativo dei carabinieri tra ottobre del 2011 e il 6 marzo del 2012 quando hanno deciso di intervenire per porre fine a quell’andazzo. Per una decina di giorni avevano presidiato l’ingresso dell’Ufficio territoriale per la Basilicata del Ministero delle politiche agricole e forestali al 39 di via Mazzini filmando da un’auto civetta chi entrava, chi usciva e a che ora. «Buona la prima», devono essersi detti in caserma guardando il risultato. Perché il perito non sarebbe mai mancato a un appuntamento: sempre in ritardo sull’orario d’ingresso previsto nonostante quanto attestato sul foglio firma. E poi in giro per fare la spesa al supermercato o dal fruttivendolo lì vicino, per prendere un caffé in piazza XVIII Agosto, visitare il cantiere del nuovo lussuosissimo complesso residenziale dell’ex formace Ierace in via Cavour (magari in vista di un acquisto), o fare compere in profumeria a via Pretoria. 
Alla luce del sole e con la massima tranquillità. Manco se chi aveva il compito di controllare si sforzasse di guardare dall’altra parte. Tanto negli uffici di via Mazzini la signora era quasi di casa, dato che ci lavoravano pure i suoi familiari più stretti tipo la madre, Maria Di Muro, l’operaio a tempo determinato impiegato per mansioni d’ufficio, finito a sua volta tra i nomi nel mirino degli investigatori.
Eliana Franco, partita di recente per un’altra sede, è il pm che ha chiuso le indagini e ha chiesto il rinvio a giudizio di Grippo, Lacava e Venezia è stato. Ma a disporre i domiciliari dopo l’arresto in fragranza effettuato dai militari dell’Arma era stato il suo collega Gerardo Salvia che poche ore più tardi in considerazione dello stato di incensurati di entrambi ne ha anche disposto l’immediata liberazione. A quel punto è intervenuto anche il comando regionale del Corpo forestale che li ha trasferiti ad altri uffici. 
Il danno per le casse dell’amministrazione? Solo quello che hanno accertato i militari durante il periodo di osservazione. Ma è chiaro che se esisteva davvero un andazzo del genere bisognerebbe moltiplicarlo chissà per quante volte. Tra Grippo e Lacava in 8 giorni avrebbero accumulato 24ore e 39 minuti di “affari loro” o “non lavoro” retribuiti come se lo fossero. Solo 3 ore Venezia, che di fronte agli investigatori, dopo l’arresto dei colleghi e l’irruzione nell’ufficio, avrebbe ammesso candidamente di essersi assentato per motivi privati il giorno prima senza avvisare il suo capo. Per questo è si ritrova a processo assieme ai primi due. Due ore e mezza vengono contestate a Spartaco Battista, più o meno un’ora e mezza a Vito Donato Lucia e Filomena Giuliana Caggiano, e 69 minuti a Maria Di Muro.

 

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