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LAURIA – Per anni “L’Eco di Basilicata” avrebbe incassato contributi indebiti per l’editoria. Una truffa (aggravata) da 155mila euro, secondo la Guardia di finanza, che ha provveduto al sequestro per equivalente di immobili e conti correnti da 155 mila euro, nei confronti di 3 persone: Mario Lamboglia, già vicesindaco di Lauria in quota Udeur, Paola Cozzi e Isa Albini.
L’annuncio dell’operazione delle fiamme gialle della Compagnia di Lauria è di ieri mattina e apre la strada al recupero per le casse dello Stato dei contributi pubblici illegalmente percepiti dalla società cooperativa giornalistica “L’Eco di Basilicata”.
L’indagine è stata avviata nell’ambito di un monitoraggio svolto a livello nazionale dal Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie di Roma, che ha segnalato l’«andamento sospetto» delle vendite del periodico. Così la nota diffusa ieri mattina dal Comando regionale della Finanza, dopo l’esecuzione del decreto emesso dal Gip di Lagonegro, Lucia Iodice, su richiesta del pm Michele Sessa.
Nel mirino degli investigatori sono finiti il rappresentante legale della società cooperativa giornalistica, Mario Lamboglia; e la titolare e la socia (accomandataria) di una società di consulenza ed elaborazione dati con sede a Lauria, Paola Cozzi e Isa Albini.
Le fiamme gialle lucane, dopo un’accurata indagine di natura contabile, hanno acquisito documenti, giudicati «di notevole interesse», e sentito numerose persone informate sui fatti.
La condotta fraudolenta contestata consiste nell’emissione di un numero di fatture false per presunte “vendite in blocco” del periodico, in realtà mai eseguite, nei confronti di soggetti ignari di tali “acquisti”.
In questo modo sarebbe stata indotta in errore anche la società di revisione, con sede in Milano, che ha certificato, nei bilanci di esercizio al 31 dicembre 2008, 2009 e 2010, la vendita di circa 73mila copie in più rispetto a quelle effettivamente distribuite.
Lo stratagemma sarebbe stato orchestrato per superare la percentuale del 40% di diffusione certificata (l’insieme di vendite e abbonamenti) rispetto alla tiratura (cioè alle copie stampate), che consente di accedere ai fondi previsti dalla Legge 250/1990, «nella formulazione vigente all’epoca dei fatti».
Così sarebbero stati chiesti ed ottenuti contributi, «altrimenti non spettanti», per euro 155 mila euro e rotti, erogati dalla Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio.
Le indagini, coordinate dal pm Sessa, sono durate circa due anni e sono state condotte verbalizzando le informazioni resa da più di 30 persone, l’acquisizione e la verifica della genuinità dei contratti e delle fatture emesse dalla cooperativa verso alcuni professionisti, negozi di abbigliamento, meccanici, giostrai e persino un panificio.
Tra le anomalie balzate subito agli occhi degli inquirenti ci sono «incongruenze» come quella tra i costi sostenuti per l’acquisto in blocco del giornale da parte di alcune piccole imprese, e la loro reale capacità economica. Vendite a diversi commercianti, spesso legati da vincoli di parentela o affinità con i titolari dello studio professionale, giudicate «sproporzionate» rispetto a volumi d’affari «irrisori», se non in perdita. Quando l’impresa acquirente non era già chiusa.
Due i casi evidenziati dalle Fiamme gialle. In primis quello di un panificio, che in un solo anno avrebbe acquistato 23mila copie, cioè mille copie di ogni edizione, atteso che il periodico in questione viene pubblicato 23 volte l’anno.
Poi quello di un giostraio, con volume d’affari annuo di circa 10mila euro, che avrebbe acquistato giornali, in un solo anno, per settemila euro.
Le fiamme gialle di Lauria hanno riscontrato che la vendita fittizia di circa 73mila copie del periodico sia stata perpetrata anche grazie al contributo “professionale” offerto dalla “Professional service” di Paola Cozza e Isa Albini, che risulta anche tra gli acquirenti delle “vendite in blocco”, e in più è la tenutaria delle scritture contabili di tutti gli acquirenti “fittizi” del giornale. Gli stessi che sentiti dagli investigatori hanno negato qualsiasi rapporto commerciale con la cooperativa editrice del periodico negli anni presi in considerazione, disconoscendo anche le firme sui contratti.
In numeri l’inchiesta ha fatto emergere che nel 2008 sono state dichiarate vendite per 80mila 500 copie a fronte di cessioni effettive per 50mila 320. Nel 2009, 59mila 300 copie a fronte di cessioni effettive per 36mila 300 copie. Infine nel 2010, vendite dichiarate per 73mila copie a fronte di cessioni effettive per 53mila 200 copie. Per un totale di quasi 73mila copie fittizie, e un “bottino” di 155mila euro.

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