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POTENZA – «Il fatto non sussiste». E’ questa la formula con cui ieri mattina a Potenza il giudice Natalia Catena ha assolto l’avvocato Nino Marazzita, volto noto dell’ultima edizione di Forum su Rete4.

Marazzita era accusato di  di diffamazione aggravata nei confronti del magistrato che per primo ha condotto le indagini sul caso di Elisa Claps, la ragazza potentina “scomparsa” nel 1993 e ritrovata 17 anni dopo nel sottotetto della chiesa della Trinità.

A denunciarlo era stato proprio l’ex pm Felicia Genovese, oggi in servizio nel Tribunale di Roma, che si è sentito chiamato in causa da alcune dichiarazioni dell’avvocato.

In un’intervista dagli studi di “La vita in diretta”, il rotocalco pomeridiano di Rai 1, Marazzita aveva criticato duramente il lavoro degli investigatori, sostenendo che non gli sembravano «indagini malfatte», ma «indagini volutamente malfatte». In altri termini deviate. Come se qualcuno avesse voluto nascondere la verità.  

Di qui la denuncia sporta dal magistrato, che in realtà Marazzita non aveva mai menzionato. Per quanto il suo nome fosse riecheggiato più volte in precedenza.

Chi l’aveva chiamato in causa era stato invece un altro degli ospiti della trasmissione andata in onda il 26 marzo del 2010. Nove giorni dopo la scoperta del cadavere della studentessa sedicenne. Un giornalista per cui risulta che sia stato aperto un autonomo fascicolo d’indagine.

Ieri mattina, prima ancora dell’arringa della difesa, era stato il pm Francesco Diliso a chiedere l’assoluzione di Marazzita.

Poi è venuto il turno dell’avvocato di Felicia Genovese Francesco Saverio Dambrosio, che ha insistito sulla diffamazione. A suo avviso le affermazioni del giudice televisivo sarebbero state riconducibili in maniera univoca all’ex pm, nonostante fossero praticamente anonime. In più nell’operato del magistrato ci sarebbe stato tutt’altro che la volontà di occultare la verità.

D’altra parte anche l’avvocato Giovanni Guaglianone si è guardato bene da entrare nel merito delle scelte investigative operate. Piuttosto, il difensore di Marazzita si è appellato al rispetto del diritto di critica esercitato dal suo assistito.

 «Dopo 17 anni di omissioni, di mistero e atroci sofferenze, come quelli che hanno segnato questa vicenda, credo che sia del tutto legittimo per un osservatore esprimere un’opinione del genere». Così ha commentato al Quotidiano a margine della lettura della sentenza. «Io stesso che ho incrociato un altro caso di questo tipo, quello dei fidanzatini di Policoro, ammetto di averne parlato in termini simili con degli amici e non credo di aver diffamato nessuno. Ho detto solo quello che pensavo».  

Il giallo attorno alla “scomparsa” di Elisa Claps si è dissolto soltanto con la scoperta del suo cadavere, il 17 marzo del 2010. A quel punto era apparso subito chiaro che fosse rimasto lì per tutto il tempo, a pochi metri dal luogo dove Elisa aveva appuntamento con Danilo Restivo, un ragazzo di buona famiglia ma che in passato aveva avuto degli slanci violenti.

Eppure nessuno tra gli investigatori aveva mai pensato di guardare lassù, salendo sul terrazzo della canonica da cui si accedeva al sottotetto della chiesa.

Ad aprile la Corte d’appello di Salerno ha confermato la condanna a 30 anni per omicidio e occultamento di cadavere per Restivo, già all’ergastolo in Inghilterra per l’omicidio di una donna nove anni più tardi, un delitto per tanti aspetti simile a quello della Trinità. 

l.amato@luedi.it

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