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LA sua vita è da sempre a sinistra, molto a sinistra. Tanto da smentire quasi con rabbia le voci che lo davano corteggiatore del Pd, il quale poi lo avrebbe rifiutato.

Lui, Gianni Fabbris, classe 1958 di professione restauratore, si definirebbe un duro e puro combattente per la giustizia sociale. Del resto la sua biografia parla chiaro, attraverso la storica appartenenza al nucleo originario di Rifondazione comunista. Nato a Sant’Arcangelo il 9 luglio del ’58, oggi Fabbris vive a Policoro con la moglie e il figlio, ma si potrebbe definire cittadino del mondo.

La sua formazione parte da Matera, dove si è diplomato nel 1976 al liceo Scientifico “Dante Alighieri”. La sua impronta nella storia movimentista italiana risale alla seconda metà degli anni Novanta, quando è tra i cofondatori dell’associazione “Michele Mancino”, che si occupa di tutela del mondo agricolo soprattutto dall’imperante fenomeno del caporalato. Nel 2001 fu tra i promotori e organizzatori del G8 a Genova, con l’istituzione del presidio di piazza Rossetti, da dove partì il messaggio che la globalizzazione avrebbe progressivamente ucciso l’agricoltura di qualità.

In quel presidio si raccolsero tutti i movimenti a tutela del mondo contadino, insieme al celebre movimento de “La via Campesina”, divenuto oggi “Associazione rurale italiana”, nato nel 1993 da un gruppo di rappresentanti degli agricoltori -donne e uomini provenienti dai quattro continenti ha fondato La Via Campesina a Mons, in Belgio. Già a quel tempo, infatti, le politiche agricole e l’industria agroalimentare stavano diventando globalizzati e piccoli contadini senza terra, agricoltori, donne e giovani rurale hanno deciso di organizzarsi. Da La Via Campesina, che comprende circa 150 organizzazioni locali e nazionali in 70 Paesi di Africa, Asia, Europa e nelle Americhe, rappresentando, nel complesso, circa 200 milioni di contadini, Fabbris ha avviato la sua missione internazionale.

«Con quei viaggi -ci dice- ho capito meglio che cambiano le lingue e le tradizioni, ma il nemico dell’agricoltura resta sempre il capitalismo, al quale occorre creare un’alternativa per vincere la crisi». Studente di Scienze politiche a Firenze, l’irrequieto Fabbris non è riuscito a laurearsi, spinto dalla passione per il restauro; ha frequentato la Scuola di restauro ed avviato la sua professione, che ha portato avanti per 25 anni, fino al 2005, quando reduce dal G8, ha fondato il Foro contadino Altragricoltura, in opposizione netta alle tradizionali organizzazioni agricole (Cia, Coldiretti ecc.), giudicate conniventi con il sistema globalizzato. Poi i viaggi e le partecipazioni attive ai Fori sociali internazionali d’Europa e del mondo, compreso quello di Porto Alegre. Oggi Fabbris si definirebbe un catalizzatore dell’indignazione contadina, al punto da sacrificare la sua stessa salute con scioperi della fame ad oltranza, pur di ottenere il risultato. Ricordiamo già nel 2012 la sua battaglia per l’alluvione del giorno prima, che è finita con il ricovero in ospedale per un malore. Dal 24 dicembre si alimenta solo di the e caffè, per sostenere l’assunzione dei farmaci contro diabete, colesterolo e ipertensione.

a.corrado@luedi.it

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