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REGGIO CALABRIA – Giustizia per Angela Costantino. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Roberto Lucisano, ha confermato le condanne già emesse in primo grado dal Gup Carlo Alberto Indellicati, punendo con trent’anni di reclusione ciascuno Bruno Stilo e Fortunato Pennestrì, ritenuti mandante ed esecutore materiale dell’omicidio di Angela Costantino, moglie del boss Pietro Lo Giudice, fatta scomparire e uccisa per salvare l’onore del capoclan. 

LEGGI LA SENTENZA DI PRIMO GRADO

La Corte ha dunque confermato quanto già deciso in primo grado dal Gup, all’esito del giudizio celebrato con rito abbreviato, avvalorando l’impianto accusatorio costruito in sede d’indagine dai pm Beatrice Ronchi e Sara Ombra.

LA STORIA DI ANGELA, STRANGOLATA PER AMORE

Angela Costantino, 25enne all’epoca dei fatti, sarebbe stata uccisa per “un accordo di famiglia” (come dirà il pentito Paolo Iannò) a causa della sua relazione extraconiugale con un uomo nel periodo in cui il marito era detenuto. 

I suoi assassini l’avrebbero raggiunta alle prime ore del giorno del 16 marzo 1994. Da circa un mese abitava a Reggio Calabria in via XXV luglio, in un immobile al piano terra che, per decenni, è stato il feudo storico della cosca Lo Giudice. Lì, infatti, era più facilmente controllabile. A uccidere materialmente la donna sarebbe stato Fortunato Pennestrì. Bruno Stilo – uno dei “vecchi” dello storico clan Lo Giudice di Reggio Calabria – sarebbe invece stato tra i mandanti del delitto.

 

 

 

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