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REGGIO CALABRIA – La Guardia di finanza ha confiscato a Roma beni per un valore di tre milioni e mezzo di euro riconducibili ad esponenti di spicco della cosca di ‘ndrangheta dei Gallico di Palmi, egemone nella Piana di Gioia Tauro.

L’operazione che ha condotto alla confisca, denominata “Caput mundi”, è stata condotta dal Comando provinciale di Reggio Calabria delle fiamme gialle insieme allo Scico di Roma, con il coordinamento della Dda reggina. La confisca è stata fatta in esecuzione di provvedimenti emessi dalla sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio.

I beni confiscati, riferisce la Guardia di finanza, costituivano un ingente patrimonio, immobiliare e societario accumulato dagli esponenti della cosca a fronte di un’esigua
capacità reddituale. Secondo quanto è emerso dalle indagini, i Gallico avevano posto in essere a Roma cospicui investimenti che avevano permesso loro di creare un rilevante patrimonio, confermando, in tal modo, l’esistenza di diversi interessi economici della cosca nella Capitale.

 

La ‘ndrangheta, secondo quanto emerso dalle indagini, reinvestiva il suo denaro nelle attività commerciali della Capitale, soprattutto nel settore della ristorazione. Francesco Frisina, 58 anni, e il nipote Alessandro Mazzullo, 31, ritenuti referenti della cosca reggina, sarebbero riusciti in poco tempo a mettere in piedi una serie di operazioni finanziarie con l’acquisizione diretta o indiretta di diversi immobili e con la gestione di varie attività commerciali, a partire proprio da quelle della ristorazione. 

Il provvedimento di confisca dei beni a loro riconducibili, riguarda: le quote sociali e l’intero patrimonio aziendale della “Macc 4 S.r.l.”, con sede a Roma e con oggetto sociale l’acquisto, la vendita e la gestione di bar, ristoranti, pizzerie, rosticcerie, proprietaria del bar “Antiche mura”; il 30% del capitale sociale e corrispondente parte del patrimonio aziendale comprensivo dei conti correnti della “Colonna Antonina 2004 S.r.l.” impegnata nell’attività di esercizio di bar e ristorante, con sede legale a Roma e titolare, sino al novembre 2009, del noto “Bar Chigi”. I sigilli sono stati apposti anche a due unità immobiliari, di cui un villino di pregio, situate a Roma; vasti appezzamenti di terreno agricolo, coltivati ad uliveto, per un’estensione di oltre 12 mila metri quadri; diversi rapporti finanziari bancari, postali ed assicurativi.

 

 

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