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L’ANNUNCIATA bocciatura da parte del Governo è arrivata. Nel corso del consiglio dei ministri che si è riunito in serata, la legge elettorale della Regione Calabria è stata impugnata. A proporre il pollice verso è stato l’unico esponente calabrese della squadra di Matteo Renzi, Maria Carmela Lanzetta, che è competente in materia per la sua delega agli Affari regionali.

Secondo il parere dell’Esecutivo, la norma che era stata predisposta per disciplinare la prossima tornata elettorale regionale è in contrasto con gli articoli 3, 48, 51 e 117 comma tre della Costituzione. Il primo è quello che sancisce la pari dignità sociale dei cittadini; l’articolo 48 è quello che si occupa del diritto di voto; il 51 è relativo alle pari opportunità; l’articolo 117 si riferisce alla potestà legislativa delle Regioni rispetto allo Stato.

La legge elettorale era stata approvata dal Consiglio regionale il 3 giugno (LEGGI). Prevede 3 collegi elettorali anziché 5, esclude le preferenze di genere e dispone soglie di sbarramento molto alte: per poter aver accesso al consiglio regionale sarà necessario raggiungere almeno il 15% delle preferenze come lista regionale oppure il 4% se si tratta di una lista all’interno di una coalizione purché la coalizione stessa abbia a sua volta ottenuto il 15%.

Tra i contestatori più accesi, i grillini che hanno parlato di una legge studiata per lasciare fuori il Movimento 5 Stelle (LEGGI) a causa della soglia di sbarramento. Proprio su questo aspetto, il dipartimento Affari regionali aveva inviato una missiva al presidente del consiglio regionale, Franco Talarico. Nella nota si evidenzia, in particolare, il problema legato all’elevata soglia di sbarramento fissata al 15%. Per i tecnici del ministero, infatti, “una soglia così elevata potrebbe impedire la rappresentanza nel Consiglio di una quota rilevante dell’elettorato e quindi si paleserebbe in questo senso un profilo di illegittimità costituzionale”. 


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