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POTENZA – La convenzione del 1980 prevedeva che alcune delle opere di urbanizzazione della zona ex C5 fossero a carico dei costruttori. Ma alla fine dei 10 anni stabiliti non era stato fatto nulla, e ne sono serviti altri 11 per approvare un progetto esecutivo da 196mila euro, più 1 per chiederne il pagamento. Solo a quel punto il credito del Comune di Grassano era già abbondantemente scaduto.

Lo ha accertato il Tar Basilicata accogliendo i ricorsi presentati da Diego Ettorre, Donata Becci, Maddalena Marchetto, Vincenzo Pontillo e Domenico Sansone contro la nota del 7 maggio del 2002 del capo dell’ufficio tecnico con veniva chiesto a ognuno il «versamento della quota dovuta per il completamento delle opere di urbanizzazione primaria nella zona di lottizzazione ex C5».

La vicenda risale a 34 anni fa, l’8 aprile del 1980, quando venne stipulata la convenzione tra «il Comune di Grassano ed i proprietari della zona C5 del piano regolatore generale, una convenzione di lottizzazione: questa prevedeva che, entro il 28 febbraio 1990, le opere d’urbanizzazione primaria avrebbero dovuto essere realizzate a spese e cura dei lottizzanti, contestualmente all’edificazione di ciascun lotto, e nello stesso termine le relative aree avrebbero dovuto essere cedute al Comune».

Così ripercorre l’accaduto il collegio presieduto da Angelo Gabbricci (Marina Perrelli e Giovanni Ricchiuto a latere).

L’accordo prevedeva che l’amministrazione «in caso “d’inadempienza da parte dei lottizzanti ad una qualsiasi clausola della presente convenzione” (compresa dunque quella relativa alla consegna delle opere di urbanizzazione) avrebbe potuto provvedere all’adempimento o esecuzione in danno».

Ma il Comune avrebbe assunto «la relativa decisione per le opere di urbanizzazione non realizzate dai lottizzanti soltanto con la deliberazione consiliare 15 marzo 2001, numero 5, approvandone il progetto per un costo complessivo di 196.253,62 euro, che pose a carico dei lottizzanti stessi (ovvero dei loro aventi causa) in proporzione alle quote di rispettiva proprietà».

L’ufficio tecnico avrebbe impiegato 14 mesi per calcolare le quote dovute da ognuno dei lottizzanti, che invece sono stati più che tempestivi nell’opporsi. Ma se in Municipio non hanno mostrato grande fretta va detto che anche i giudizi di via Ridola  hanno impiegato 11 anni per depositare la prima decisione a riguardo, che risale a settembre dell’anno scorso quando il collegio composto dal presidente Michele Perrelli, e i consiglieri Giancarlo Pennetti e Pasquale Mastrantuono hanno affrontato il ricorso presentato da Giuseppe Santoro. Intanto il Comune i «lavori di urbanizzazione interna dell’Area di lottizzazione ex C5» li ha già appaltati ed eseguiti.

«Come è emerso anche dall’istruttoria – spiegano i 3 magistrati –  il ricorrente, che aveva acquistato con atto di compravendita dell’8 giugno 85 il lotto edificatorio compreso nel piano di lottizzazione nella zona C5, nel decennio decorrente dal 28 febbraio 1990 non è mai stato raggiunto da atti di esercizio, da parte del Comune, del proprio diritto patrimoniale nei suoi confronti con conseguente maturazione della prescrizione estintiva del credito».

«Non può essere considerato atto interruttivo della prescrizione – prosegue la sentenza ripresa dalle decisioni sui ricorsi fotocopia presentati dagli altri “lottizzanti” – la nota del 22 maggio 1997 con cui il Comune di Grassano, dichiarato di voler dare concreta attuazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, invitava i lottizzanti a partecipare all’incontro del successivo giorno 23 per discutere delle modalità di esecuzione delle opere. Ammesso e non concesso che una siffatta nota rivesta carattere interruttivo, l’amministrazione non ha provato l’avvenuta notificazione o comunicazione dell’invito al ricorrente, che peraltro alla riunione risultava assente. Il ricorrente risulta altresì estraneo all’istanza presentata in data 24 giugno ‘97 da un certo numero di lottizzanti, con la quale si chiedeva di dar corso a quanto previsto nella convenzione a spese del comune e di non essere tenuti alla realizzazione delle opere previste in convenzione».

«Non può intendersi come richiesta di pagamento la convocazione sottoscritta dal sindaco di Grassano ove si parla genericamente di “dare concreta attuazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione nella zona di lottizzazione” C5 e dunque senza rivendicare un credito determinato». Insistono Gabbricci, Perrelli e Ricchiuto, per cui «la decisione di delegare il Comune all’esecuzione delle opere, assunta dai lottizzanti nel corso dell’assemblea del 23 maggio 1997, non esprime univocamente la volontà nei confronti dell’ente di riconoscere un proprio debito per quel titolo, che è stato comunque certamente negato dagli stessi solo un mese dopo (dichiarazione 24 giugno 1997), quando hanno appunto escluso di dover corrispondere alcunché per effetto della convenzione in questione».

Inoltre non sarebbe «desumibile dalla convenzione di lottizzazione, ovvero da atti diversi, che i lottizzanti abbiano rinunciato alla prescrizione, la quale, come già accennato, è decorsa dal momento in cui il Comune aveva il potere di disporre l’esecuzione forzata ovvero in danno delle relative obbligazioni».

Per la complessità della materia il Tar ha disposto la compensazione delle spese legali tra le parti.

l.amato@luedi.it

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