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BELLA cacata! Questa è la prima esclamazione che viene in mente, chissà perché, a chiunque si trovi a passare davanti a quella che è diventata, in tutta Potenza, la nave più famosa e chiacchierata dopo il Titanic e la Concordia. Persino le simpatiche formichine che cercavano di salirvi a bordo c’hanno ripensato. Più audaci e perseveranti sono stati, invece, i ragazzi che sono riusciti nell’impresa di arrembare il bastimento e “occuparne” la stiva. E la cosa sorprendente è che non si tratta di turpi pirati, ma di un gruppo di giovani architetti e sociologi che stanno partecipando al workshop “Serpentone reload”, un laboratorio operativo creato per confrontarsi progettualmente con l’edificio ipogeo nel tentativo di attribuirgli una precisa funzione socio-urbanistica e, cosa più difficile, di farlo accettare ai potentini.

Speranzosa per il raggiungimento di tale obiettivo si dice Annalisa Metta, giovane architetto romano, che, insieme ai due colleghi, Maria Livia Olivetti e Luca Catalano, si occupa del coordinamento scientifico e didattico del corso. Speranza che il giovane architetto è riuscito a infondere anche nei cuori e nelle menti degli illustri ospiti che giovedì pomeriggio si sono uniti alla ciurma. In occasione del workshop, infatti, i componenti della Quarta commissione consiliare permanente del Comune di Potenza, presieduta da Lucia Sileo, hanno deciso di riunirsi proprio nella stiva della nave del Serpentone, approfittando della presenza degli esperti, per discutere delle possibili soluzioni di riqualificazione della tanto discussa opera cementizia. All’incontro è intervenuto anche l’assessore comunale all’Edilizia e alla Pianificazione, l’architetto Rosanna Argento, interessata ad ascoltare le idee e le proposte di «giovani professionisti non condizionati dai pregiudizi», che da anni caratterizzano il dibattito sull’arancione opera architettonica. L’assessore Argento ha sottolineato l’importanza di «affrontare la questione da nuovi punti di vista» per trovare soluzioni moderne e concrete al problema.

«La sfida più ardua sarà quella di riuscire a trasformare quel senso di rifiuto che la città ha sempre dimostrato verso questa struttura in un sentimento di appartenenza e accettazione – ha affermato la paesaggista Annalisa Metta – Il problema principale non è legato al concetto di spazio in quanto tale bensì alla sua interpretazione e al suo riconoscimento. La nave del Serpentone è una nave ferma, arenata che deve trasformarsi in qualcosa di dinamico, di attivo: deve diventare un porto».

Ma scardinare tali pregiudizi, se tali si possono definire, non è cosa semplice. Lo confermano la signora Domenica e la signora Maria, due anziane inquiline di rione Cocuzzo, che, intervistate qualche ora prima, hanno manifestato, senza mezzi termini, la loro opinione sulla nave. «E’ una vera porcheria», ha ammesso con aria disgustata la signora Domenica. «Era molto meglio prima, quando almeno passava l’autobus e la processione dell’Immacolata – ha aggiunto la signora Maria – Adesso non si può più nemmeno passeggiare e portare i bambini con le carrozzine; nei giardinetti vanno solo i cani a fare i loro bisogni. Chi abita al primo piano, poi, quando si affaccia alla finestra, si trova questo bel muraglione davanti». Conclude la signora Domenica: «La nave la dovevano fare al mare, non in montagna». I giudizi degli anziani, si sa, sono diretti e smaliziati un po’ come quelli dei bambini. Mantengono però quel contegno che si frantuma totalmente nelle parole e nelle considerazioni dei giovani del luogo. Perché una cosa è certa: la nave del Serpentone non è mai piaciuta a nessuno, soprattutto agli abitanti del quartiere. E tale convinzione pare essere più dura e resistente del cemento armato. Fatto sta che è lì, ferma, trascurata, inutilizzata, incompresa. «Uno spazio che non ha una precisa finalità, che non si capisce bene che ruolo abbia, è una risorsa straordinaria – ha ammesso l’architetto Metta – Lo si può reinventare e farlo diventare quello che si vuole: una galleria d’arte, una biblioteca, un cinema, una discoteca, una sede per le riunioni condominiali o per gli incontri politici. Bisogna però addomesticarlo, innescare cioè meccanismi di adozione e riappropriazione attraverso piccoli interventi che richiedono budget ridotti, tempi rapidi ma un’amministrazione creativa, snella e dinamica».

L’idea ha elettrizzato i nuovi consiglieri comunali (molti dei quali entrati per la prima volta nella pancia della nave) che già si fregavano le mani come a dire: «Ve lo ripariamo noi il danno di Vituccio». Congetture a parte, le proposte emerse dal workshop “Serpentone reload” sembrano davvero interessanti e soprattutto realizzabili. Anche perché Annalisa Metta e Marialivia Olivetti hanno alle spalle diverse esperienze nel campo dell’urbanistica avendo realizzato due importanti opere di riqualificazione all’interno del progetto Living Urban Scape in due quartieri romani, Valle Aurelia e Pietralata. «I risultati che abbiamo conseguito sono stati sorprendenti – ha raccontato l’architetto Metta – Siamo riusciti, attraverso studiati meccanismi di riappropriazione degli spazi interessati, a far mutare i comportamenti delle persone e la loro percezione dell’immaginario».

I consiglieri si sono subito messi a lavoro aiutando i ragazzi a spiegazzare le colorate barchette di carta che serviranno per la presentazione finale del progetto che si terrà domenica 21 settembre. Una prima prova di concretezza l’hanno data, quindi. Speriamo solo che non si fermino agli origami.

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