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UN fenomeno, quello del “Card Sharing”, in gergo condivisione della carta, in questo caso per le pay-tv, che consente, a chi ne fa uso, di violare i sistemi di sicurezza o di ottenere l’accesso alla visione  a più utenti non abilitati. Visione illecita, ovviamente. Ed ecco perché ben 177 persone sono finite nel registro degli indagati in quanto coinvolte in un vasto giro di pirateria televisiva. 

E tra le città nelle quali avvenivano le illecite visioni figurano anche tre centri tre centri della Calabria. A guidare la schiera Vibo Valentia, con 12 indagati, tra cui anche il gestore di un server. Poi Catanzaro con 9 e, infine, Reggio Calabria con 5.

Gente che poteva godere della visione dei contenuti audio-video delle  tv criptate, a prezzi fuori mercato, su siti internet tramite un server pirata, ufficialmente abilitato a ricevere il segnale decodificato nonché’ ad estrarre e divulgare, tramite internet, a più’ soggetti il segnale. Il tutto, ovviamente, senza pagare il corrispettivo abbonamento. E, così, chi riusciva ad aggirare questo ostacolo poteva godersi tranquillamente (o quasi) film, partite di calcio, soap opera, programmi culinari e culturali e quant’altro.

 

L’inchiesta, denominata appunto “Card sharing”, è scattata questa mattina in 25 province italiane con circa 200 perquisizioni ed è stata avviata dalla Procura della Repubblica di Catania che ha individuato appunto 177 persone accusate di frode informatica e violazione sul diritto d’autore. Diciassette di queste sono gestori di server e 160 i loro clienti che usufruivano del servizio. Il meccanismo era legato a un collegamento online di un decoder che si agganciava, tramite il web, a un sito illegale che dietro il versamento di una cifra che oscillava tra i 100 e i 400 euro l’anno, permetteva di avere accesso a tutti i servizi a pagamento delle emittenti televisive satellitari o digitali. 

 

La complessa attività investigativa, svolta con il diretto coordinamento del servizio polizia delle comunicazioni, è stata sviluppata con l’ausilio di un’apposita piattaforma informatica, creata ad hoc dagli esperti della polizia postale del capoluogo etneo Catania, in grado di svolgere un’analisi e monitoraggio della rete che ha consentito di individuare gli utenti coinvolti a vario titolo nelle attività illegali. La Polizia Postale e delle Comunicazioni, che ha provveduto a sequestrare un elevato numero di apparecchiature hardware e software, ha avuto modo di verificare una crescente diffusione del fenomeno del card-sharing accompagnata da un’evoluzione sotto il profilo tecnico, così da arrecare grave danno, oltre che alle aziende specializzate nella produzione e fornitura di sistemi di sicurezza digitale, anche e soprattutto alle aziende che producono e diffondono programmi televisivi.

 

Cos’è il card sharing. È la pratica con la quale si tende a condividere abbonamenti con più utenti in modo hardware o software. Il principio di funzionamento è molto semplice: attraverso un decoder collegato ad una rete (Internet o intranet) che fa da server e in cui è inclusa la smart card con l’abbonamento, è possibile fare in modo che altri decoder “client”, collegati al decoder server, riescano ad utilizzare la stessa smart card (e di conseguenza a “mettere in chiaro” gli stessi canali) pur essendo fisicamente distanti svariati metri se non migliaia di chilometri dalla smart card stessa. Il card sharing limitato all’interno di una stessa abitazione è legale (sebbene talvolta può violare le condizioni contrattuali del provider), ad esempio per usare la stessa smart card su più decoder all’interno di uno stesso appartamento senza doverla togliere e rimettere ogni volta col rischio di danneggiarla.

 

Il card sharing che coinvolge terzi è invece ovviamente un reato poiché di fatto evita che chi si collega col decoder “client” paghi il dovuto all’emittente e per correre ai ripari e rendere inutile le emittenti sostituiscono le smart card a cadenze regolari e le aziende del settore della cifratura creano nuove codifiche sempre più difficili da violare.

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