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REGGIO CALABRIA – Forse è la crisi o forse è solo questione di business, ma come negli anni ’70 torna alla ribalta il contrabbando di sigarette, lo smercio di “bionde”. La Guardia di Finanza di mezza Italia e l’Agenzia delle Dogane sono impegnate in una sorta di lotta senza quartiere. Lo sguardo è rivolto alla Cina, ma i manager del contrabbando sono uomini dei clan a cui viene affidato il compito di curare un importante settore per gli affari illeciti. Contatti tra ‘ndrangheta, sacra corona unita, camorra e mafia si registrano in particolare con le organizzazioni cinesi. E se ancora non si conoscono le ricadute sulla salute dei fumatori abituali di sigarette di contrabbando, conosciamo invece le ricadute – tutte negative – per la nostra economia. Nel primo trimestre di quest’anno, hanno perso tutti: lo Stato (397 milioni), l’industria (73.4 milioni) e il commercio (52.5 milioni). Secondo i dati del rapporto “Factbook sul traffico illecito di prodotti a base di tabacco” realizzato dal Centro interuniversitario Transcrime un miliardo e 200 milioni sono invece le mancate entrate fiscali nel 2012: è il costo per lo Stato del tabacco illecito (contrabbando, contraffazione) che rappresenta un enorme business per la criminalità organizzata. Ma è davvero conveniente approvigionarsi al mercato nero del tabacco? Sembra di si, infatti i rapporti delle autorità parlano di un costo di circa 2 euro al pacchetto contro i 4.30 euro dei rivenditori autorizzati. Una stecca può costare dai 9 ai 18 euro contro la media di 50 euro nelle tabaccherie.

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