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POTENZA – Le selezioni sono affare delle scuole di specializzazione. Punto. Invece sui pedigree politico-sanitari dei tanti vincitori lucani in barba ad ogni statistica credibile nemmeno una parola. Anche se si tratta proprio delle scuole finanziate in mezz’Italia con i soldi della Regione.   

Ha deciso di intervenire «senza intento polemico» il dipartimento Salute tirato in ballo nel caso degli specializzandi lucani “doc” dal dirigente dell’Ufficio comunicazione, e da una “gola profonda” che ha spiegato al quotidiano il retroscena della seduta di giunta dello scorso 24 maggio. La questione ruota attorno alla delibera con cui al costo di 3 milioni e mezzo di euro sono stati finanziati 15 contratti aggiuntivi di formazione specialistica rispetto a quelli “coperti” dal ministero negli atenei di mezza Italia. Una delibera pubblicata a malapena per titolo nel bollettino ufficiale della Regione il 16 giugno, quando i termini per presentare domanda o erano già scaduti o stavano per scadere. Colpa dei tempi di trasmissione dell’atto dalla segreteria della giunta e delle modalità di pubblicazione scelte dal dipartimento, ha evidenziato il capo dell’Urp Donato Pace. Una conseguenza del fatto che nell’ordine del giorno del 24 maggio quella delibera non c’era, ha aggiunto una fonte ben inserita negli uffici di via Verrastro, cosa che avrebbe portato via un po’ di tempo.

«Si tratta sicuramente di un episodio deprecabile». Ammette la nota diffusa ieri in serata dall’assessorato alla salute, anche perché intanto con una seconda delibera sono stati finanziati altri 5 contratti, di cui sul Bur ancora non c’è traccia. Poi però si sforza di sostenere la sua irrilevanza, in quanto «non può aver influito sulla decisione (di lucani come di non lucani) di concorrere alle specializzazioni». Come dire: a chi può interessare che ci sia un posto in più bandito nell’Università “x”? Facendo finta di non capire che a parità di candidati significa più chance di vittoria. Ma per questo è necessario che non si sparga troppo la voce altrimenti chissà quanti potrebbero decidere di provarci anche in un ateneo mai preso in considerazione prima. E’ quello che ha sostenuto un giovane medico prendendosela ingiustamente con l’Ordine, a suo dire colpevole per l’invio della denuncia/comunicazione agli iscritti con le anomalie della situazione bene evidenziate, e una copia della delibera. A lui la mail è arrivata il 17 giugno e 3 giorni prima scadeva il termine per presentare domanda per i 3 contratti ministeriali più 3 regionali finanziati dalla Basilicata, di radiodiagnostica all’Università di Foggia. Chiaro quindi che se qualcuno sapeva in maniera riservata se ne è potuto avvantaggiare raddioppiando le proprie possibilità di rientrare tra i beneficiati.  

Non per il dipartimento regionale che insiste sull’obbligo degli atenei di «rendere pubblico il numero degli eventuali posti aggiuntivi derivanti dai finanziamenti deliberati dalle regioni o dai privati». Cosa che però non sempre avviene prima della scadenza del termine per presentare le domande, mentre più spesso sono le regioni e i privati che ne rendono nota l’esistenza. Basta vedere quello che avviene altrove.

In Veneto i contratti aggiuntivi vengono decisi per legge con un passaggio in consiglio regionale e la pubblicazione integrale online e sul bollettino della Regione delle branche in cui sono state rilevate delle carenze e delle scuole prescelte. In Calabria il 30 maggio una nota stampa ha annunciato lo stanziamento di risorse per due contratti all’università Magna Grecia. Così in Puglia, Sicilia, Sardegna. Basta dare un’occhiata su internet e uno se ne rende conto.

Perché lo fanno? Si chiederanno al dipartimento salute della giunta. «Se appare assurdo anche solo ipotizzare che un aspirante specializzando possa subordinare la propria scelta di partecipare alle selezioni in funzione della eventuale previsione di posti aggiuntivi rispetti a quelli già a concorso».

Mero calcolo delle possibilità. Come quello che dice che è difficile credere che per 12 contratti aggiuntivi finanziati dalla Regione Basilicata nelle graduatorie di Pisa, Bari e Roma saltino fuori ben 7 specializzandi lucani. A meno che non si tratti di una classe di geni e predestinati, dati i genitori illustri di molti di loro: primari e quant’altro. Per rendersene conto non c’è bisogno nemmeno della laurea. Figurarsi la specializzazione.

l.amato@luedi.it

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