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di LUCIA SERINO

POTENZA – Deficit o investimenti? E’ difficile, soprattutto impopolare, parlare dei conti della sanità. Quelli della Basilicata, poi, si scontrano con il progressivo decremento della popolazione che condiziona notevolmente il riparto del fondo nazionale. Vano chiedere all’Agenas un criterio diverso che tenga conto delle specificità territoriali. Le regioni si fanno la guerra. E considerato che il criterio della deprivazione sul quale insiste molto l’assessore lucano alla sanità, Attilio Martorano, include anche le condizioni di bisogno che possono riscontrarsi in un territorio al Sud, la Lega ha finora avuto buon gioco a porre paletti. Dunque con un freddo criterio numerico la Basilicata incassa la sua parte di fondi nazionali (proprio oggi inizia la discussione sul 2012, gli ultimi due anni sono stati stabili intorno a un miliardo e 24 milioni) e affronta il futuro che — sia ben chiaro — non è per nulla sereno e facile. «Né — chiarisce Martorano — può essere svincolato dalle dinamiche nazionali». 40 milioni di deficit sono il punto di partenza «per un obiettivo che va guardato come risultato di sistema», dice l’assessore, «e che non potrà non includere anche il concorso dei cittadini ai quali, ovviamente, dobbiamo offrire servizi e risposte. Dobbiamo chiedere e dobbiamo dare». Per il cittadino, in altre parole, ne deve valere la pena. I mesi dell’introduzione dei ticket non sono stati per nulla facili. Come annunciato dal presidente De Filippo nella road map per il 2012 probabilmente si andrà verso una rimodulazione. Ma la sostanza della filosofia rimane quella di partenza. Perché la strategia messa in campo è quella di un patto di sistema che si regga «tenendo conto delle funzioni più che delle strutture, com’ è avvenuto in passato». Il riferimento è al piano di riorganizzazione delle rete ospedaliera che tanto movimento di piazza ha provocato. In principio fu Tinchi con i suoi tetti occupati, poi Chiaromonte, infine Venosa. Martorano spiega, chiarisce, soprattutto sottolinea più volte un aspetto nodale che vale la pena riportare a beneficio di noi utenti. «L’emeregenza-urgenza non è messa in discussione da nessuna parte, anzi il suo rafforzamento deve riguardare tutto il territorio regionale. Il cittadino deve sentirsi sicuro che quello che abbiamo messo in piedi non è soltanto frutto di una manovra di tagli e di contenimento di spesa. Abbiamo messo in campo, e lo faremo ancora di più in futuro, un meccanismo che non garantisca un’offerta indistinta e magari inadeguata ma un servizio specifico e coerente con un progetto». C’è indubbiamente e necessariamente anche una politica, non più eludibile in tutti i settori, di lotta agli sprechi «ma qui si tratta — dice Martorano — di offrire il miglior servizio che sia programmabile in quel luogo e in quella struttura». Un ospedale in ogni paese, in altre parole, così come sono stati concepiti finora, non potrebbe mai essere, paradossalmente, una sicurezza. Difficile ottenere il consenso delle città e degli amministratori su scelte di questo tipo. Ma anche su questo Martorano mostra molta determinazione sugli obiettivi: «Bisogna relazionarsi con il territorio. Investire su un progetto è un po’ come puntare sulla prevenzione. Si fa un gran parlare di prevenzione in tutt’Italia ma alla fine spesso non si va oltre il convegno perché il risultato è in genere di lungo periodo e non di ritorno immediato. Ed è su questo che dovremmo avere l’onestà di riflettere. Quella che era l’idea di sanità – mia e della giunta regionale di cui faccio parte — l’ho portata alla valutazione del consiglio regionale, dunque massimo rispetto istituzionale, se poi mi chiedete perché la discussione sia lenta ribatto che comunque nell’attesa dell’approvazione del piano della salute i provvedimenti che sono stati adottati hanno comunque ricevuto il voto e l’approvazione in Consiglio».
Ma se il Martorano-pensiero del primo De Filippo è stato caratterizzato dalle prime e impopolari “botte” dovute al piano di riorganizzazione, il Martorano-pensiero della Giunta bis si apre con un appuntamento importante in programma venerdì mattina: l’inaugurazione del centro «Bambino Gesù» con l’arrivo del segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone. Fervono i preparativi al San Carlo, interessa soprattutto far sapere che l’attenzione al mondo della pediatria è una delle carte su cui scommette la sanità lucana. Offrire tutto (e tutto ad alto livello) non è più immaginabile per nessuna regione. La pediatria dunque apre le porte della Basilicata anche ai territori vicini . Ai genitori lucani si offre un servizio totale. Sin dalla scelta del pediatria di base al momento della nascita del neonato e dell’accesso al cup.
E le accuse dei pediatri che affermavano di essere stati trascurati? Una riunione con i pediatri di Potenza e Matera qualche giorno fa ha messo a punto la rete dell’operatività del sistema che garantisce in loco professionisti e tecnici dell’ospedale specialistico romano (non saranno dunque semplici consulenti), utilizza risorse interne di primo e secondo livello soprattutto di tipo diagnostico-terapeutico, assicura un percorso di accompagnamento e di assistenza del piccolo e della sua famiglia ove mai ci fosse bisogno, per interventi più rari, direttamente alla sede centrale. «E’ una sperimentazione gestionale, anche se la pediatria è una nicchia della sanità». Vedremo. Primo o secondo step di programmazione regionale, l’assessore sempre lo stesso è rimasto. Caso unico. Martorano ne è consapevole. E se per lui e il suo lavoro ciò rappresenta un attestato di stima è anche vero «che avendo io iniziando un percorso che sempre io devo completare le responsabilità non potranno essere addossate a nessun altro».

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