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POTENZA – DA una parte la Divina Provvidenza licenziava dipendenti a Potenza, Bisceglie e Foggia, dall’altra non solo veniva defraudata della sua missione ma piano piano diventava preda di interessi illeciti e di malaffare. Lavoratori assunti con logiche clientelari, fornitori con rapporti privilegiati con il “potere”, che ottenenevano grottesche condizioni contrattuali e corsie preferenziali per i pagamenti, specie in periodi di massima crisi finanziaria dell’ente e spesso in cambio di assunzioni di persone sponsorizzate. Un patrimonio immobiliare svenduto a soggetti compiacenti, o ai vertici dell’Istituto fondato da Don Uva. Per non parlare di quei milioni depositati su conti correnti che qualcuno credeva inarrivabili.
La storia è quella della Casa divina provvidenza, un gigante della sanità convenzionata. Dopo anni e anni di cassa integrazione e ammortizzatori sociali vari finanziati dallo Stato, nonostante i milioni di euro che arrivavano da Puglia e Basilicata per l’attività assistenziale svolta, la “Divina Provvidenza” non ha potuto fare altro che certificare un buco di bilancio da mezzo miliardo di euro e portare i libri in tribunale.
Ma è a questo punto che la Divina provvidenza ci ha messo la mano e tutta la vicenda, dalla giustizia fallimentare, si è spostata sul versante penale culminato ieri con l’operazione “Oro pro nobis”.
Analizzando la richiesta del nuovo management dell’ente, i giudici fallimentari hanno scoperto conti strani, con un’azienda che intascava tanto e spendeva tantissimo. Da qui la decisione di inviare la documentazione alla procura di Trani. Il procuratore Carlo Maria Capristo, l’aggiunto Francesco Giannella e il pm Silvia Curione cominciano gli accertamenti e si imbattono in una serie di strane transazioni: maxi parcelle ad alcuni professionisti (450.000 euro, i due legali sono ora indagati insieme con la madre generale, suor Marcella Cesa) e soprattutto uscite mal documentate.
Seguendo il denaro, si arriva così a un conto corrente dello Ior sul quale questi soldi transitano per poi rientrare, in parte con lo scudo fiscale, di nuovo in Italia. Non però sui conti correnti della Casa divina Provvidenza ma su quelli di un altro ente con sede a Guidonia, “Casa di Procura Suore Ancelle della Divina Provvidenza”, amministrato da una suora settantenne, Assunta Puzzello, ai domiciliari da ieri mattina.
Assieme ad altri beni mobili e immobili, i magistrati chiedono e ottengono il sequestro di quei 27 milioni, nonostante i legali della suora sostengano che la Casa di Procura non sia un ente fittizio e quei soldi non siano il frutto di una struttura finanziaria parallela che serviva a nascondere i soldi dai creditori come invece sospetta la procura. Inoltre decidono di presentare una rogatoria alla Città del vaticano per capire qualcosa in più. Forti anche della lettera di commiato nella quale l’ex vice presidente dell’ente, il commendatore Lorenzo Leone (poi deceduto), scrive al Vaticano parlando di una situazione di benessere della struttura e di una “dote” allo Ior di 60 miliardi delle vecchie lire (l’equivalente dei 27 milioni di euro sequestrati).
Leone non è uno qualsiasi in Vaticano: vicinissimo al lucano don Donato De Bonis, braccio destro di Marcinkus, ha grandi aperture nelle banche del Vaticano.
Poi si scoprono altri due conti correnti per la causa di beatificazione di Don Uva, di cui però il postulatore in persona, di nomina ecclesiastica, non sapeva nulla. Sempre un mezzo, secondo gli inquirenti, per metter al riparo la liquidità della congregazione, dato che solo 80 dei 530.000 euro trovati sui due depositi accesi nella filiale di Andria del “Banco di Napoli” sarebbero stati effettivamente riconducibili a offerte di devoti. Così anche per questi scatta il sequestro.
Insomma più le indagini proseguono più le cose, invece che semplificarsi, si arricchiscono di nuovi scenari. E dulcis in fundo, nel 2014, vengono scoperti circa 750mila euro intestati a due onlus riconducibili all’istituto biscegliese: la onlus “Istituto Don Pasquale Uva Casa Divina Provvidenza”, di Bisceglie, e la quasi omonima “Istituto Don Pasquale Uva onlus” di a Potenza. Quindi altri sequestri. Per un totale che supera i 30 milioni.
La loro costituzione risalirebbe all’epoca in cui direttore generale dell’istituto, che porta il nome di don Pasquale Uva, era Dario Rizzi, ex direttore generale ancora in servizio nella sede di Foggia. Almeno fino a ieri mattina, quando anche per lui si sono aperte le porte carcere.

a.giammaria@luedi.it

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