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MATERA – E’ solo crisi? Dipende. In un’economia che da anni ristagna o arretra, c’è un comparto, quello agricolo, che è in crescita. A confermarcelo, oltre ai dati nazionali che scodelleremo di qui a poco, è la sensazione diffusa di un movimento trasmigratorio che si è fatto via via più consistente: prima dal centro verso la periferia, quindi dalla città in direzione della campagna. Il fenomeno, ancora in buona parte sotterraneo, riguarda in particolare le grandi città. E ha il suo rovescio della medaglia nella progressiva mancanza di fiducia – da parte di coloro che abitano nei piccoli centri – nella capacità delle metropoli di offrire una prospettiva dignitosa di vita e di lavoro. Per questa ragione, ma non solo per questa, sempre più giovani decidono di scommettere sul proprio territorio e riscoprono l’agricoltura. 

Una ulteriore  testimonianza di quel che sta accadendo viene dall’appuntamento promosso mercoledì mattina a Matera  dal Ministero delle Politiche agricole in collaborazione con l’Ismea e la Regione Basilicata, tema: “Giovani imprenditori in agricoltura: il panorama delle opportunità”. Il seminario, il quarto della serie promossa dal Mipaf, è convocato a Borgo Venusio per le ore 10. Ma già alle 9,30 nell’immensa sala del centro congressi scelta per ospitare i quasi quattrocento imprenditori agricoli, o aspiranti tali, provenienti da tutta la Lucania, c’è il pienone, e l’organizzazione è costretta a far aggiungere altre sedie in platea. In un silenzio religioso, mentre sulla grande parete alle loro spalle scivolano le slides, il funzionario del Ministero Mariella Santevecchi, quello della Regione Pino Balsebre, i tecnici dell’Ismea Giuseppe Fierro,  Stefania Aiazzi ed Elisabetta Cardosi, e Roberto Milletti, del Safa, sciorinano numeri e sigle, parlano di bandi e incentivi, di programmazione Ue e misure regionali, di credito e finanziamenti. Argomenti non proprio avvincenti. Eppure, dopo oltre due ore di relazione, i relatori devono affrontare le numerose domande di un pubblico competente che ancora non è sazio e vuol conoscere tutti i risvolti pratici dei temi affontati nel corso del seminario.

Ma qual è la situazione dell’agricoltura in Italia? E quali sono le ragioni di questo ritorno alla terra? Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, unico comparto produttivo del Paese, il settore primario ha visto aumentare dello 0,8 per cento il proprio prodotto interno lordo. Un risultato eclatante non soltanto perché le fa da contraltare una recessione senza precedenti, ma perché in Italia l’agricoltura sconta ritardi storici e handicap strutturali: come  la scarsa propensione all’aggregazione e l’insufficiente innovazione. Il che spinge le associazioni di categoria a premere sul governo perché, da subito, “attui misure concrete in grado di assecondare i segnali positivi che arrivano dalle aziende agricole italiane”; e fa sì che il neo ministro Maurizio Martina scopra “la centralità e l’importanza di un settore” il cui apporto “è fondamentale per l’economia italiana” e si impegni “ad andare avanti spedito con i provvedimenti a sostegno del comparto”. Provvedimenti come quelli che il Ministero, assieme all’Ismea e alla Regioni, sta appunto promuovendo in tutta Italia con il ciclo di seminari informativi sulle  opportunità a disposizione di chi voglia fare impresa in agricoltura. Un ventaglio di proposte, quelle presentate a Matera, che riguardano le strategie di insediamento, lo crescita aziendale e, soprattutto, la possibilità di accedere a finanziamenti e a incentivi a sostegno di nuove iniziative. Il tutto in un contesto in cui si tenta di agevolare, con l’accesso al credito, lo sviluppo della ricerca applicata e delle politiche cosiddette di filiera, indispensabili per poter competere sul mercato globale.

Se l’agricoltura, dunque, riparte dopo due anni consecutivi di calo produttivo, mentre i consumi interni sprofondano e i costi produttivi lievitano; e riparte, in un anno di alluvioni e nubifragi, avendo nelle ali il piombo della burocrazia e del fisco, vuol dire che qualcosa di importante si sta muovendo nella società e nell’economia italiana. Forse soprattutto al Sud. E non è detto che si tratti di una conseguenza della crisi. O, perlomeno, non soltanto della crisi economica. Il ritorno alla terra sembra accompagnarsi, in molti casi, alla riscoperta o al vagheggiamento di un nuovo modo di vivere che recuperi l’antico; a una nuova religione del territorio; e all’aspirazione di impiantare nuove comunità fondate su una diversa idea del consumo e della produzione. Un fenomeno culturale , insomma, che riflette, anche nel Sud, le ideologie neoruraliste che predicano un modello di sviluppo eco-compatibile, e nei casi estremi, quella che Latouche chiamava la decrescita felice.  Ma non c’è solo questo, ovviamente. C’è anche la consapevolezza, al contrario, che proprio la globalizzazione e le nuove tecnologie costituiscano una formidabile opportunità per i territori. E allora il mondo rurale non rappresenta soltanto la via di fuga da un mondo in crisi. Tant’è vero che nelle università c’è un interesse crescente per le discipline legate all’agricoltura, testimoniato da un boom di iscrizioni che, nel 2013, ha fatto segnare una crescita del 30 per cento, mentre, secondo la Coldiretti, l’anno scorso gli istituti professionali agricoli hanno visto aumentare le immatricolazioni di circa un terzo. Ciò sta a significare che per molti giovani l’agricoltura, se è capace di essere all’altezza delle nuove sfide economiche,  rappresenta una prospettiva seria e credibile; che può essere declinata in forme inedite e con strumenti innovativi. “Ormai la maggioranza delle aziende agricole – afferma Franco Verrascina, presidente di Copagri – è multifunzionale. Non ci si dedica soltanto alla produzione agroalimentare, ma anche ad attività come l’agriturismo, le fattorie didattiche…”. Ma dietro il ritorno all’agricoltura c’è ancora un’altra ragione, spiega Verrascina, ed è una ragione che ci riporta alle grandi trasformazioni in  corso nel pianeta: “Molti hanno capito che il prossimo business per tutti i Paesi ruoterà attorno al cibo: e per questo ci investono”.

a.grassi@luedi.it

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