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REGGIO CALABRIA –  «Abbiamo votato per Scopelliti, Rappoccio e Flesca». Il faldone è il numero 30. Depositato agli atti del processo che da qui a poco partirà nei confronti del clan Lo Giudice, alla sbarra per aver organizzato la stagione delle bombe e delle intimidazioni a Reggio Calabria. Un faldone al quale spuntano tutta una serie di nuovi elementi relativi alle dichiarazioni del boss Nino Lo Giudice, ormai da tempo collaboratore di giustizia. Nelle carte c’è un pò di tutto. Ci sono atti direttamente connessi all’inchiesta condotto dalla Dda di Catanzaro, ma anche altro. C’è ad esempio il verbale illustrativo della collaborazione. Nel quale, per legge, devono essere sommariamente contenuti tutti gli argomenti che il pentito può affrontare anche in futuro, attraverso verbali successivi è più approfonditi. Un atto dovuto, per evitare che i collaboratori possano utilizzare in maniera scorretta quanto sanno. In altri termini, nel verbale iniziale Nino Lo Giudice, alias “il nano”, aveva l’obbligo di dire tutto ciò di cui era a conoscenza. Tutto e subito, fermo poi la possibilità di riaprire l’argomento in maniera più puntale e approfondita.

Detto questo c’è quindi un intero capitolo dedicato alla politica, alle elezioni amministrative e regionali. E’ bene chiarire che su tali dichiarazioni la Procura dovrà, non ha già fatto, trovare riscontri oggettivi. Un lavoro che segnerà eventualmente la decisione di aprire fascicoli a cari dei singoli soggetti. Decisione che passa dai riscontri per alcuni versi e dall’individuazione di fattispecie di reato specifici dall’altra.

Secondo quanto scritto sul verbale Nino Lo Giudice ha riferito «sui voti raccolti per Giuseppe Scopelliti in occasione della sua prima elezione a sindaco di Reggio Calabria, su richiesta di tale Romeo di Santa Caterina dell’Ufficio del Capo Gabinetto a tale Stillitano Giovanni (fotografo della zona di Tre Mulini), il quale aveva poi chiesto a Lo Giudice Antonino». Si legge ancora: «Quest’ultimo, Lo Giudice Domenico, Giovanni ed altri loro parenti di Ravagnese avevano dato i voti, e in cambio i cugini di Lo Giudice Antonino avevano ricevuto qualche favore, quale un impiego lavorativo». 

In corso di giornata arriva una dichiarazione con la quale Rappoccio afferma: «Apprendo dai giornali, che il pentito Nino Lo Giudice avrebbe riferito di avergli chiesto un incontro per ricevere voti in cambio. Voglio puntualizzare di non aver mai conosciuto il signore in questione e di non avergli mai chiesto incontri, né in prima persona né tramite altri».

 

 

 

 

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