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POTENZA – «In concomitanza con il contagio, Puglia e Basilicata sono passate da una crescita del prodotto pro capite che era più rapida di quella del gruppo di regioni inizialmente simili a una più lenta: nell’arco di trent’anni, all’insorgere della criminalità organizzata sarebbe attribuibile una perdita di Pil di 20 punti percentuali, essenzialmente per minori investimenti privati». È quanto ha dichiarato il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi (in foto)intervenendo al convegno “Le mafie a Milano e nel Nord: aspetti sociali ed economici”, che si è tenuto ieri mattina nell’aula magna dell’Università statale del capoluogo meneghino.
La notizia è rimbalzata in pochi istanti a Potenza dove fervono i preparativi per la manifestazione dedicata alle vittime della mafia organizzata da Libera per sabato 19. Ma in realtà era già apparsa in un articolo a firma di Marco Ludovico a pagina 20 del Sole24ore lo scorso 26 novembre, anche se non aveva destato grande scalpore, tanto che era stata snobbata persino dalla rassegna stampa della Regione. Solo Antonio Autilio (Idv), vicepresidente del Consiglio regionale, aveva scelto di intervenire per manifestare il suo sconcerto e rilanciare una riflessione sul binomio legalità e sviluppo.
Il dato su cui si è soffermato Draghi ieri mattina è il frutto di uno studio sui costi economici della criminalità organizzata nelle regioni dell’Italia meridionale presentato a luglio dai ricercatori della Banca d’Italia ai membri della Commissione bicamerale antimafia.
«Nelle economie a forte presenza criminale – ha dichiarato il governatore – le imprese pagano più caro il credito; in quelle aree è più rovinosa la distruzione di capitale sociale dovuta all’inquinamento della politica locale; i giovani emigrano di più; tra di essi, quasi un terzo è costituito da laureati che si spostano al Nord in cerca di migliori prospettive. Quest’ultimo fenomeno è particolarmente doloroso: l’inquinamento mafioso piega le speranze dei giovani onesti e istruiti, che potrebbero migliorare le comunità che li generano e invece decidono di non avere altra strada che partire».
Per isolare l’effetto della presenza mafiosa sulla crescita economica da quello di ogni altra causa, l’analisi dell’ufficio studio di Palazzo Koch si è soffermata alle due regioni meridionali oggetto di più recente infiltrazione da parte della criminalità organizzata, la Puglia e la Basilicata.
«Si è confrontato – ha proseguito Draghi – lo sviluppo economico in queste due regioni nei decenni precedenti e successivi al diffondersi del contagio mafioso, avvenuto verso la fine degli anni ’70, con quello di un gruppo di regioni del centro-nord che avevano simili condizioni socio-economiche iniziali».
Il risultato, stando allo studio di Bankitalia, è che «il radicamento della criminalità organizzata in Puglia e Basilicata coincide dunque con il passaggio delle due regioni da un sentiero di crescita elevata ad uno inferiore, che si traduce nell’accumulo di un significativo ritardo durante i decenni successivi. Se si potesse attribuire interamente il divario di crescita all’effetto della criminalità la distanza potrebbe arrivare a valori medi intorno al 15 per cento. Tuttavia è necessario verificare che «altri» fattori, diversi dalla criminalità, non abbiano influito su tale divario». È quella che gli statistici chiamano “prova di robustezza”. In conclusione è «difficile
correlare direttamente l’attivita` economica con l’incidenza di alcuni crimini». Ma si può assumere in tranquillità che la presenza della criminalità organizzata spieghi una quota significativa dei divari di sviluppo».

Leo Amato

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