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POTENZA – La procura di Potenza ha chiesto l’archiviazione delle accuse a carico del giornalista della Tgr Basilicata Luigi Di Lauro per la morte del commissario della Digos del capoluogo, Anna Esposito, ritrovata esanime il 12 marzo del 2001 nel suo appartamento di servizio della caserma Zaccagnino.

La richiesta indirizzata all’ufficio gip del Tribunale è stata notificata all’ex compagno della poliziotta e ai suoi familiari, che avevano chiesto la riapertura delle indagini, subito archiviate come suicidio, puntando il dito proprio nei suoi confronti.

A spingere per una nuova chiusura del caso – la terza dal 2001 – è stato l’esito della superconsulenza affidata a ottobre professor Francesco Introna e della dottoressa Liliana Innamorato, incaricati dai pm Francesco Basentini e Valentina Santoro di effettuare un nuovo esame autoptico sul corpo dell’ex commissario della Digos, riesumato agli inizi di dicembre dal cimitero della “sua” Cava dei Tirreni.

Un consulenza – secondo quanto ha confermato l’avvocato Leonardo Pinto, difensore di Di Lauro – che ha escluso lo strangolamento e confermato il suicidio di Esposito, che si tolse la vita impiccandosi con una cintura legata alla maniglia di una porta.

Per gli esperti dell’Istituto di medicina legale di Bari non si è trattato di omicidio, ma di un gesto autolesionista. A differenza di quanto ipotizzato in precedenza da altri due consulenti, che avevano potuto analizzare soltanto le foto e i verbali medico-legali dell’epoca, individuati dalla famiglia della 35enne e dal pm Sergio Marotta (oggi in servizio a Napoli), che ha disposto la riapertura del fascicolo.
Le conclusioni di Introna e Innamorato erano attese da gennaio, ma hanno subito un ritardo di quasi 7 mesi a causa di una serie di accertamenti ulteriori.
Sulla morte di Anna Esposito era stato aperto un primo fascicolo per istigazione al suicidio nel 2001, a carico di ignoti, che è finito in archivio l’anno dopo. Secondo il pm Claudia De Luca la bella poliziotta, separata e madre di due figlie, aveva sofferto un vero e proprio crollo psicologico provocato da «una pregressa, irrisolta e dolorosa crisi sentimentale», e da «una situazione lavorativa non completamente serena, scaturita da fattori personali e ambientali nonché di superficialità dei rapporti umani e professionali».

Poi il caso è tornato alla ribalta per i sospetti su un collegamento col mistero della “scomparsa” di Elisa Claps e del duplice omicidio Gianfredi, denunciati nel 2010 dai familiari della donna. Per questo i faldoni sono partiti in direzione Salerno, sede un tempo competente per le inchieste che coinvolgevano anche magistrati in servizio nel distretto lucano, per ritornare a Potenza una volta che i pm campani ne avevano escluso la sussistenza.

La consulenza dell’esperto incaricato dalla famiglia Esposito è stata consegnata agli inquirenti subito dopo. Da qui l’incarico della Procura a un docente dell’Università di Napoli, perché riesaminasse tutto il materiale rimasto nei sotterranei del Palazzo di giustizia, e l’avvio delle indagini sulle frequentazioni del commissario.
All’iscrizione di Di Lauro – che ha sempre affermato la sua «totale estraneità» alla vicenda – si giunse dopo l’ultima riapertura della indagini sulla morte della poliziotta 35enne: «La Procura – ha detto Pinto – ha dovuto iscrivere Di Lauro a seguito della richiesta di riapertura delle indagini basata su una denuncia del padre di Esposito. La perizia ora ha confermato il suicidio. In sostanza – ha concluso il legale – l’iscrizione di Di Lauro fu un atto dovuto, sulla base di una denuncia che si è rivelata infondata».

A gennaio dell’anno scorso il fascicolo è passato nelle mani dei pm Francesco Basentini e Valentina Santoro, che a novembre hanno deciso di procedere alla riesumazione del corpo affidando a Introna e Innamorato una superconsulenza per chiarire l’accaduto con gli ultimi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia.

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