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GLI AVVOCATI  dichiarano guerra alla giustizia spettacolo. E a «garanzia del cittadino», organizza un convegno  contro «la barbarie della “esibizione mediatica” della persona ammanettata». Per discutere anche su tali temi è indetta un’assemblea della Camera Penale di Reggio Calabria, che si svolgerà mercoledì alle 11 e 30 nell’aula formazione della Corte di Appello.
Già in passato la Camera penale di Reggio Calabria aveva posto l’accento sulle «distorsioni indotte dal circuito mediatico giudiziario». Denunciando, in particolare, «il malcostume di consentire video riprese di persone – tratte in arresto in esecuzione di ordinanze cautelari – “esibite” davanti alle telecamere in manette e messe  alla “gogna pubblica”». 
Prassi questa, «non solo illegittima, sussistendo il divieto di pubblicare immagini di tal fatta, ma che lede nel profondo la dignità di chi vi  si trova coinvolto; “trofeo” presentato agli occhi dell’opinione pubblica con lo stigma del “presunto colpevole”, prima che venga messo nelle condizioni di provare “almeno” a difendersi nella sede naturale: il processo penale, nel contraddittorio tra accusa e difesa difronte ad un giudice terzo ed imparziale».
Secondo i penalisti si tratta di una «prassi che si rinnova, purtroppo, con disarmante puntualità fornendo spettacolare  “corredo” alla pur  doverosa divulgazione di notizie di indubbio interesse pubblico, quali le operazioni di contrasto alla criminalità sul territorio». 
In tal senso, ricordano i legali «negli ultimi tempi si assiste all’ulteriore novità costituita dal sensazionalismo delle video riprese effettuate “in diretta” dalle forze dell’ordine, nel contesto della esecuzione degli ordini di custodia e delle perquisizioni – spesso ritraenti gli interni delle abitazioni degli arrestati – “date in pasto” nell’immediatezza alle tv e ad internet, come ci si trovasse nel vivo di un autentico reality show anziché di fronte alla documentazione di attività di indagine  non suscettibile di indiscriminata pubblicazione». 
A far da sfondo a questa deriva culturale, «il proliferare di trasmissioni televisive ad altissima audience che si alimentano, puntando sull’impatto emotivo, della spettacolarizzazione  delle indagini penali, anche indebitamente interferendo sul relativo svolgimento. Del resto, il modo di declinarsi del rapporto fra mass-media ed istituzioni, soprattutto in tema di giustizia, misura, per certi versi, la reale cifra di democrazia esistente nel paese».

REGGIO CALABRIA – Gli avvocati reggini dichiarano guerra alla giustizia spettacolo. E a «garanzia del cittadino», organizzano un convegno  contro «la barbarie della “esibizione mediatica” della persona ammanettata». Per discutere anche su tali temi è indetta un’assemblea della Camera Penale di Reggio Calabria, che si svolgerà mercoledì alle 11 e 30 nell’aula formazione della Corte di Appello. Già in passato la Camera penale di Reggio Calabria aveva posto l’accento sulle «distorsioni indotte dal circuito mediatico giudiziario». Denunciando, in particolare, «il malcostume di consentire video riprese di persone – tratte in arresto in esecuzione di ordinanze cautelari – “esibite” davanti alle telecamere in manette e messe  alla “gogna pubblica”». 

 

Prassi questa, «non solo illegittima, sussistendo il divieto di pubblicare immagini di tal fatta, ma che lede nel profondo la dignità di chi vi  si trova coinvolto; “trofeo” presentato agli occhi dell’opinione pubblica con lo stigma del “presunto colpevole”, prima che venga messo nelle condizioni di provare “almeno” a difendersi nella sede naturale: il processo penale, nel contraddittorio tra accusa e difesa difronte ad un giudice terzo ed imparziale».

Secondo i penalisti si tratta di una «prassi che si rinnova, purtroppo, con disarmante puntualità fornendo spettacolare  “corredo” alla pur  doverosa divulgazione di notizie di indubbio interesse pubblico, quali le operazioni di contrasto alla criminalità sul territorio». In tal senso, ricordano i legali «negli ultimi tempi si assiste all’ulteriore novità costituita dal sensazionalismo delle video riprese effettuate “in diretta” dalle forze dell’ordine, nel contesto della esecuzione degli ordini di custodia e delle perquisizioni – spesso ritraenti gli interni delle abitazioni degli arrestati – “date in pasto” nell’immediatezza alle tv e ad internet, come ci si trovasse nel vivo di un autentico reality show anziché di fronte alla documentazione di attività di indagine  non suscettibile di indiscriminata pubblicazione». 

A far da sfondo a questa deriva culturale, «il proliferare di trasmissioni televisive ad altissima audience che si alimentano, puntando sull’impatto emotivo, della spettacolarizzazione  delle indagini penali, anche indebitamente interferendo sul relativo svolgimento. Del resto, il modo di declinarsi del rapporto fra mass-media ed istituzioni, soprattutto in tema di giustizia, misura, per certi versi, la reale cifra di democrazia esistente nel paese».

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