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di LEO AMATO
POTENZA – Hanno deciso di tornare a farsi sentire Vincenzo Vertunni, Mario Di Sanzo, Michele Grieco, Cesare Marte, Pasquale De Luise di Spinoso e Ugo Salera. Sono i sindaci di Grumento Nova, Montemurro, Sarconi, Spinoso, Paterno e Tramutola, i 6 comuni petroliferi “ribelli” della Val d’Agri. Ma questa volta la minaccia non sono più le loro dimissioni, quanto piuttosto il disimpegno elettorale alle prossime regionali a scapito di contava sui voti di quei territori. E dato che si tratta per la maggior parte di esponenti del Pd, anche il destinatario è presto detto.
E’ stato convocato per venerdì un nuovo incontro nella sala del consiglio comunale di Spinoso Al centro, dopo l’accelerazione nella trattativa sull’accordo con Eni per l’aumento delle estrazioni, la bocciatura del bonus benzina, la mobilitazione dei colleghi della Valle del Sauro e l’annuncio del decreto attuativo del memorandum che dovrebbe assegnare 2 miliardi di euro per lo sviluppo di infrastrutture e occupazione in Regione, ci sarà una varietà di questioni aperte sul tema delle trivelle: dalla salute alle ricadute economiche. 
«E’ di questi giorni – spiegano in una nota congiunta – la protesta di tutti i sindaci (salvo due), dei comuni facenti parte della concessione mineraria Gorgoglione, contro un metodo, consolidato già nell’Alto Agri, che vede attori solo le compagnie petrolifere e pochi intimi. I pochi altri sono quei sindaci i cui uffici sono interessati al rilascio di qualsivoglia autorizzazione».  
I sei primi cittadini rivendicano di essersi dimessi a gennaio proprio per denunciare questo metodo («e non altro»), dimissioni, poi rientrate, «a fronte di impegni presi sul versante di una più equa distribuzione delle royalties, di un sistema di selezione occupazionale più trasparente e di un sistema di monitoraggio  ambientale più comprensibile». Ma a distanza di qualche mese «nonostante  la pronta  solidarietà sbandierata  e  le relative dichiarazioni  di impegno a trovare delle soluzioni in tempi brevi, tutto, ad oggi, è rimasto  come prima». 
«Si sono susseguiti in questi mesi, una serie di incontri interlocutori e sterili,  e abbiamo assistito , allo scioglimento anticipato di un consiglio regionale, che mestamente, anche sotto il peso di una indagine che ha messo in evidenza un sottobosco di miserie umane  e morali, è naufragato».  Di qui la riproposizione dei loro cavalli di battaglia. In primis sulla distribuzione delle royalties, «perché la maggioranza dei Comuni, salvo qualche eccezione, non riesce più a garantire ai residenti, i servizi minimi  e, in  positivo, gli amministratori locali e le popolazioni  registrano solo i bilanci delle promesse vane».  Poi il sistema di assunzioni «che vede le compagnie petrolifere  e l’ indotto,  agire come se l’occupazione poco o nulla avesse a che fare con i territori interessati dalle attività estrattive: è di queste settimane l’assunzione di alcuni geologi provenienti da altre regioni d’Italia, pur avendo questo territorio  pagato un prezzo  molto alto, se non altro  in termini di  “immagine” e di modello da non seguire, anche oltre confine». O ancora la questione ambientale «visto che continuano a susseguirsi una serie di incidenti all’interno di un centro oli di cui si conosce sempre troppo poco». In ultima istanza, nonostante appaia come la più importante tra tutte le rivendicazioni, quella di «essere coinvolti concretamente  ai tavoli decisionali,  dove si programma  il futuro delle comunità  che rappresentano, stanchi di  affidare le loro istanze a delegati che in questi anni hanno dimostrato  poco interesse o, nella migliore delle ipotesi, scarsa incisività nel rappresentare, prima di qualsiasi altra cosa,  le esigenze  collettive e prioritarie della popolazione valligiana». 
«La questione della governance  territoriale non dovrebbe neanche essere argomento di questa discussione, ma è sotto gli occhi di tutti l’agonia in cui versa, giusto per fare un esempio, il Consorzio di bonifica la cui inefficienza condiziona la vita stessa di tanti allevatori e agricoltori, facendo vivere nella più assoluta precarietà lavorativa e retributiva gli stessi dipendenti.  La Val d’Agri, serbatoio di petrolio, voti e clientele, abbandonata all’incertezza del presente e del futuro. Un tentativo, anche grazie a quelle dimissioni, si sta facendo, solo per iniziativa locale, sulla destinazione di una percentuale di gas alle popolazioni del posto. Ma non basta: tutte le richieste sono rimaste lettera morta e si avvicinano le elezioni regionali. Per i candidati l’obiettivo fondamentale sembra essere la propria elezione. Per i Sindaci, invece, l’obiettivo rimane quello dell’interesse dei propri territori e, in mancanza di risposte certe e immediate, sono pronti a disimpegnarsi completamente sul fronte elettorale».
Un aut aut, senza appello, che in vista delle urne non passerà di certo inascoltato.

POTENZA – Hanno deciso di tornare a farsi sentire Vincenzo Vertunni, Mario Di Sanzo, Michele Grieco, Cesare Marte, Pasquale De Luise di Spinoso e Ugo Salera. Sono i sindaci di Grumento Nova, Montemurro, Sarconi, Spinoso, Paterno e Tramutola, i 6 comuni petroliferi “ribelli” della Val d’Agri. 

 

Ma questa volta la minaccia non sono più le loro dimissioni, quanto piuttosto il disimpegno elettorale alle prossime regionali a scapito di contava sui voti di quei territori. E dato che si tratta per la maggior parte di esponenti del Pd, anche il destinatario è presto detto.

E’ stato convocato per venerdì un nuovo incontro nella sala del consiglio comunale di Spinoso Al centro, dopo l’accelerazione nella trattativa sull’accordo con Eni per l’aumento delle estrazioni, la bocciatura del bonus benzina, la mobilitazione dei colleghi della Valle del Sauro e l’annuncio del decreto attuativo del memorandum che dovrebbe assegnare 2 miliardi di euro per lo sviluppo di infrastrutture e occupazione in Regione, ci sarà una varietà di questioni aperte sul tema delle trivelle: dalla salute alle ricadute economiche. 

«E’ di questi giorni – spiegano in una nota congiunta – la protesta di tutti i sindaci (salvo due), dei comuni facenti parte della concessione mineraria Gorgoglione, contro un metodo, consolidato già nell’Alto Agri, che vede attori solo le compagnie petrolifere e pochi intimi. I pochi altri sono quei sindaci i cui uffici sono interessati al rilascio di qualsivoglia autorizzazione». 

 I sei primi cittadini rivendicano di essersi dimessi a gennaio proprio per denunciare questo metodo («e non altro»), dimissioni, poi rientrate, «a fronte di impegni presi sul versante di una più equa distribuzione delle royalties, di un sistema di selezione occupazionale più trasparente e di un sistema di monitoraggio  ambientale più comprensibile». 

Ma a distanza di qualche mese «nonostante  la pronta  solidarietà sbandierata  e  le relative dichiarazioni  di impegno a trovare delle soluzioni in tempi brevi, tutto, ad oggi, è rimasto  come prima». «Si sono susseguiti in questi mesi, una serie di incontri interlocutori e sterili,  e abbiamo assistito , allo scioglimento anticipato di un consiglio regionale, che mestamente, anche sotto il peso di una indagine che ha messo in evidenza un sottobosco di miserie umane  e morali, è naufragato».  

Di qui la riproposizione dei loro cavalli di battaglia. In primis sulla distribuzione delle royalties, «perché la maggioranza dei Comuni, salvo qualche eccezione, non riesce più a garantire ai residenti, i servizi minimi  e, in  positivo, gli amministratori locali e le popolazioni  registrano solo i bilanci delle promesse vane».  Poi il sistema di assunzioni «che vede le compagnie petrolifere  e l’ indotto,  agire come se l’occupazione poco o nulla avesse a che fare con i territori interessati dalle attività estrattive: è di queste settimane l’assunzione di alcuni geologi provenienti da altre regioni d’Italia, pur avendo questo territorio  pagato un prezzo  molto alto, se non altro  in termini di  “immagine” e di modello da non seguire, anche oltre confine». 

O ancora la questione ambientale «visto che continuano a susseguirsi una serie di incidenti all’interno di un centro oli di cui si conosce sempre troppo poco». In ultima istanza, nonostante appaia come la più importante tra tutte le rivendicazioni, quella di «essere coinvolti concretamente  ai tavoli decisionali,  dove si programma  il futuro delle comunità  che rappresentano, stanchi di  affidare le loro istanze a delegati che in questi anni hanno dimostrato  poco interesse o, nella migliore delle ipotesi, scarsa incisività nel rappresentare, prima di qualsiasi altra cosa,  le esigenze  collettive e prioritarie della popolazione valligiana». «La questione della governance  territoriale non dovrebbe neanche essere argomento di questa discussione, ma è sotto gli occhi di tutti l’agonia in cui versa, giusto per fare un esempio, il Consorzio di bonifica la cui inefficienza condiziona la vita stessa di tanti allevatori e agricoltori, facendo vivere nella più assoluta precarietà lavorativa e retributiva gli stessi dipendenti.  

La Val d’Agri, serbatoio di petrolio, voti e clientele, abbandonata all’incertezza del presente e del futuro. Un tentativo, anche grazie a quelle dimissioni, si sta facendo, solo per iniziativa locale, sulla destinazione di una percentuale di gas alle popolazioni del posto. Ma non basta: tutte le richieste sono rimaste lettera morta e si avvicinano le elezioni regionali. Per i candidati l’obiettivo fondamentale sembra essere la propria elezione. Per i Sindaci, invece, l’obiettivo rimane quello dell’interesse dei propri territori e, in mancanza di risposte certe e immediate, sono pronti a disimpegnarsi completamente sul fronte elettorale».

Un aut aut, senza appello, che in vista delle urne non passerà di certo inascoltato.

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