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La commissione parlamentare antimafia ha analizzato le liste di sei comuni calabresi: ci sono candidati impresentabili o incandidabili

SONO quattordici i candidati alle elezioni comunali di domenica 5 giugno ritenuti “impresentabili” dalla commissione parlamentare Antimafia. La gran parte dei comuni finiti sotto la lente d’ingrandimento della commissione sono calabresi. Si tratta di San Sostene e Badolato, nel Catanzarese; Joppolo e Ricadi nel Vibonese; Platì nel Reggino e Scalea in provincia di Cosenza. A questi comuni si aggiungono anche Roma, Sant’Oreste, Diano Marina, Villa Di Briano, Morlupo, Finale Emilia e Battipaglia. 

Per quanto riguarda i nomi emersi dalle liste calabresi e su cui si è concentrata l’Antimafia sono quello di Carmelo Bagnato a Scalea e di Alessandro Codispoti a San Sostene.

IL CASO DI SAN SOSTENE – Nello specifico, secondo quanto reso noto dall’Antimafia, a San Sostene il candidato indicato nella relazione figura nella lista civica “Legalita’ e liberta'” con candidatura a sindaco di Fera Domenico. Codispoti, si legge nella relazione, è «attualmente sottoposto a procedimento penale per detenzione illegale di armi e detenzione di sostanze stupefacenti al fine di cessione a terzi» ed è stato già condannato in primo grado, «con sentenza emessa dal tribunale di Catanzaro il 4 luglio 2014» a cinque anni di reclusione e 35 mila euro di multa. La Corte di appello di Catanzaro, con decisione del 18 maggio 2016, «ha parzialmente riformato la sentenza di condanna, assolvendo Codispoti dai reati in materia di armi per non aver commesso i fatti, rideterminando quindi la pena in quattro anni di reclusione e 30 mila euro di multa per il reato in materia di stupefacenti, confermando infine la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. La condizione di Codispoti – conclude la relazione dell’Antimafia – potrebbe rientrare, in caso di elezione, nell’ipotesi di sospensione e decadenza di diritto prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera a) della legge Severino, avendo riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati dall’articolo 10 comma 1 lettera a) della stessa legge (articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990)».

LA VICENDA SCALEA – Per il caso di Scalea, invece,il candidato indicato nella relazione della commissione Antimafia come impresentabile è Carmelo Bagnato, dal cui certificato del casellario giudiziale – scrive l’Antimafia nella relazione sulle elezioni comunali di domenica – «risulta una sentenza di condanna a due anni di reclusione emessa dalla Corte di Appello di Perugia il 3 dicembre 2010, irrevocabile il 19 aprile 2011 per il reato di cui all’art. 216 comma 1 n. 1, R.D. 16\3\1942 n. 267 (bancarotta fraudolenta)».

IL FOCUS SU PLATI’ – Per quanto riguarda il comune di Platì, la Commissione antimafia ha evidenziato che è stato sciolto più volte e alle prossime elezioni si presentano due liste civiche. La lista “Liberi di ricominciare” è stata sottoscritta da 49 sostenitori, e ha dodici candidati. Il candidato sindaco Rosario Sergi – si legge nella Relazione dell’Antimafia – ha concorso per il medesimo ruolo per le elezioni del 2009, a capo della lista “Ripartire insieme”. Quelle elezioni sono state vinte da Michele Strangio con il 69 per cento dei voti; Sergi, in quella occasione, ha rivestito la carica di consigliere di minoranza nella compagine amministrativa sciolta per infiltrazioni mafiose. Dagli atti di indagine risulta che Rosario Sergi ha rapporti di affinità con esponenti di vertice della cosca Barbaro, tanto con la frangia denominata “Castanu” che con quella denominata “Nigru”. Oltre Sergi, numerosi candidati annoverano rapporti di parentela, di affinità o frequentazioni con persone ritenute ai vertici dei sodalizi mafiosi dominanti in quell’area.

La lista “Plati res pubblica”, di cui è promotore Mittiga Francesco – già sindaco del comune sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2006 – è sottoscritta da 32 sostenitori e costituita da nove candidati. Il candidato sindaco Ilaria Mittiga è figlia del Francesco Mittiga. Anche un altro candidato della medesima lista ha un identico rapporto di parentela con un ex assessore della giunta eletta nel 2004 e sciolta nel 2006 per infiltrazione mafiosa.

Anna Rita Leonardi, che ritirò la candidatura a sindaco di Platì pochi giorni prima della presentazione delle liste, ha dichiarato: «Quando 25 giorni fa, dopo un anno intenso di lavoro e di progetti, fummo costretti come Pd a ritirarci dalla corsa alle elezioni amministrative di Platí, dissi chiaramente in una nota pubblica che, tra le ragioni che avevano portato al mio ritiro, c’erano situazioni che perduravano da un anno e che rendevano queste elezioni “una farsa degna del peggiore sceneggiatore”. Oggi la Commissione Antimafia, nella conferenza stampa pre elezioni, ha affermato con assoluta chiarezza – sostiene Leonardi – che nelle due liste presenti a Platí risultano candidate persone legate a varie cosche di ‘ndrangheta. Oggi, purtroppo, posso affermare che avevamo ragione noi. Purtroppo si, perché quando un comune soffre questo tipo di condizionamento, tale da eliminare qualsiasi forma politica estranea, i primi ad essere umiliati sono i cittadini onesti».

IL LAVORO DELLA COMMISSIONE – Dei 14 candidati impresentabili otto hanno sottoscritto dichiarazioni false, tre incandidabili e tre casi relativi a codice di autoregolamentazione. La presidente della Commissione, Rosy Bindi, ha sottolineato che «la relazione che vi presentiamo è stata approvata all’unanimità ed èstato svolto un lavoro molto importante. Abbiamo preso in esame la posizione di 3.275 candidati, di cui solo 2.200 solo a Roma. Sia per i casi di incandidabilità, sia per quelli di ineleggibilità». 

Presentando la relazione sulla situazione dei comuni sciolti o sottoposti a commissione di accesso, Bindi ha aggiunto: «Vincere con i voti delle mafie significa non governare o governare sotto ricatto. Non emerge un quadro strettamente preoccupante dal punto di vista giuridico – spiega la presidente Rosy Bindi – ma ci sono situazioni che portano a un voto inquinato. L’appello è ai partiti politici, loro sanno chi candidano».

«I partiti – ha evidenziato Bindi – devono decidersi a prendere sul serio questa situazione. Se vogliamo estirpare la mafia, ci vogliono forze politiche chiare, che non fanno operazioni trasformistiche: ricostruendo la storia di alcune liste civiche si trovano candidati cacciati che si alleano con pezzi di avversari. In un comune, le tre famiglie di riferimento ndranghetista hanno piazzato i loro candidati ciascuna in una delle tre liste. Diano Marina potrebbe presentare un certo interesse da questo punto di vista, ma le mafie non hanno più confini. La provincia di Imperia è la sesta provincia calabrese».

Molto duro anche il commento del vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia e deputato di Sinistra Italiana Claudio Fava che ha portato ad esempio il comune di Platì: «Nessun candidato – ha detto – viola il Codice di autoregolamentazione, ma decine di candidati hanno comprovati rapporti di amicizia con le cosche che gestiscono il territorio e che fanno essere concreto il pericolo che questo comune continui ad essere una democrazia sospesa».

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