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REGGIO CALABRIA – «Se vogliono sapere quale è la nostra famiglia tu digli che è quella del pazzo». Rosario Rao quando chattava con personaggi che vengono indicati come suoi sodali era sempre chiaro. Dal sul BlackBerry impartiva ordini precisi. Sicuro di non essere intercettato. Intercettazioni che invece gli sono costate accuse pesantissime e, al momento, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere assieme al cugino Biagio Arena e a Vincenzo Cannatà. Ma c’è di più. Perchè tra i suoi interlocutori telefonici non c’erano solo Arena e Cannatà, ma anche Francesco Pisano. Con un dettaglio che non è di poco conto: Pisano quando chattava con Rao era detenuto. E più esattamente si trovava recluso in carcere in Uruguay. Da dove, evidentemente continuava a gestire affari e intessere relazioni, il tutto nel nome dei Pesce. 

E in particolare nel nome di Vincenzo Pesce, detto appunto “U Pacciu”. L’intercettazione in questione viene registrata il pomeriggio del 14 giugno scorso. Rao (nickname “Niki”) e Pisano (nickname “Sobrino”), tramite gli apparati telefonici BlackBerry a loro in uso, si scambiavano una serie di messaggi, il cui contenuto dimostra la comune appartenenza alla cosca Pesce di Rosarno. Nel corso del dialogo emergeva che Pisano nonostante lo stato detentivo, teneva dei contatti con alcuni soggetti per conto di Rao, per questioni «presumibilmente inerenti un traffico di sostanze stupefacenti oltre oceano». Secondo gli inquirenti c’era in corso una trattativa e da Rosarno Rao dava precise disposizioni. 

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