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POTENZA – Per anni il Ministero ha pagato al Comune di Melfi parte dello stipendio di 5 impiegati “fantasma” arrivati da «enti locali dissestati». Solo che il più giovane era «cessato dal servizio» nel 2004, e il più anziano addirittura nel 1997, ma a Roma nessuno avrebbe detto niente nelle forme prestabilite. Così i soldi, in totale poco meno di un milione di euro, sono continuati ad arrivare fino al 2010.
E’ un “buco” da 202mila euro per i prossimi 5 anni quello che dovrà gestire l’amministrazione comunale della cittadina federiciana.
A mandare in fumo le speranze che si potesse chiudere un occhio sull’accaduto c’ha pensato il Tar Basilicata. Secondo i giudici di via Rosica il ricorso presentato quest’estate dal Comune è «inammissibile» perché tardivo. A prescindere dal merito delle questioni sollevate dai legali dell’ente, secondo cui in realtà una comunicazione da Melfi a Roma ci sarebbe stata, quindi «la successiva percezione da parte del Comune dei relativi fondi» non sarebbe addebitabile al loro ignaro “utilizzatore finale”. Inoltre quel credito del Ministero sarebbe stato comunque prescritto, perché vecchio ormai più di dieci anni. Infine anche ad ammettere l’esistenza di un obbligo di restituzione bisognava comunque determinarlo in contraddittorio.
L’accaduto era venuto alla luce nelle stanze del Viminale già nel 2010, quando «da una verifica della banca dati finanza locale era emersa la mancata comunicazione delle variazioni intervenute a vario titolo sul rapporto di lavoro del personale interessato dalla mobilità». Il Ministero, infatti, si era fatto carico di un «contributo erariale» di oltre il 40 per cento del costo dell’assunzione alle dipendenze del Comune di 5 «dipendenti provenienti da Enti locali dissestati». Ma nel tempo tutti e 5 erano transitati alle dipendenze del Ministero dell’istruzione, mentre i contributi erano continuati ad entrare – e uscire – dal bilancio dell’amministrazione.
Di qui una prima richiesta di restituzione di quei soldi nel 2012, e una prima lettera di risposta del Comune, a cui il Ministero ha replicato confermando la sua intenzione di procedere al recupero. Quindi un nuovo provvedimento agli inizi di giugno di quest’anno, con l’addebito anche di quasi 20mila di interessi, per un totale di 1.013.291 euro.
Il Viminale ha annunciato anche che procederà all’incasso anticipato delle somme nella formula di «5 rate annuali di 202.658,31 euro, mediante trattenuta in sede di erogazione delle singole assegnazioni dovute annualmente al Comune».
Bocciata anche la possibilità di spalmare il debito su 10 anziché 5 anni, perché ai sensi di legge non si potrebbe dilazionare oltre.
Quanto alle ragioni dell’amministrazione, che ha ribadito di aver comunicato per tempo al Ministero che i 5 dipendenti erano transitati all’Istruzione, i giudici del Tar Basilicata non ne hanno voluto sapere.
Andava impugnata la prima comunicazione del Viminale, quella del 2012, invece di rispondere con una semplice nota a firma del sindaco.
Ma adesso è troppo tardi, perciò tocca pagare.
l.amato@luedi.it

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