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NON mettiamola in croce. E’ proprio il caso di dirlo, dopo il vespaio di polemiche scatenato dalla scelta del tutto legittima dell’assessore regionale alla Sanità, Flavia Franconi, di far rimuovere dalla sua stanza il crocifisso. A sentire il coro di reazioni piccate la povera Flavia rischia di bruciare per l’eternità tra le fiamme dell’inferno per aver osato tanto. Si fosse ancora nel Medioevo, sarebbe già al rogo. Ma, per sua fortuna, il Medioevo è passato da un pezzo e anche in Basilicata ci sono luminose eccezioni al pensiero (quasi) unico di cui trasuda la terra di Colombo e dei suoi figliocci. Il più convinto assertore che la laicità delle istituzioni non solo è un valore, ma addirittura un dovere è lo scrittore e giornalista Mimì Notarangelo. 

«L’assessore Franconi – dice a proposito della querelle – ha fatto bene, prima, a chiedere la rimozione del crocifisso dalla sua stanza e male, dopo, a piegarsi alle pressioni popolari e dei media. Facendo un passo indietro ha indebolito la fondatezza delle sue argomentazioni. Eppure, a mio avviso – sostiene l’intellettuale che mezzo secolo fa lavorò fianco a fianco con Pier Paolo Pasolini, durante le riprese del Vangelo secondo Matteo – un ufficio pubblico deve essere un posto libero, dove tutti possono riconoscersi. I luoghi pubblici, in quanto di tutti, devono essere “asettici”. Il luogo comune della religione di Stato ormai appartiene alla preistoria. Occorre avere il coraggio di operare una cesura netta da questo retaggio atavico  che ci fa essere “sudditi” di una tradizione ereditata da altre stagioni». 

Meno radicale lo scrittore Andrea Di Consoli che, in ogni caso, riconosce all’assessore Franconi «l’assoluta libertà di rimuovere il crocifisso dalla sua stanza, senza per questo dover essere sottoposta alla gogna».  Le parole più severe Di Consoli le riserva a chi «per eccesso di zelo, intende  trascinare l’assessore alla Sanità in questa polemica inutile. Di fronte agli impegni della nuova Giunta, con una situazione complessa da un punto di vista  politico, economico e occupazionale- osserva Di Consoli-  non trovo molto utile  impantanarsi in dibattiti di questo genere.  Assodato ciò, – aggiunge- ricordo all’assessora e a me stesso che la figura del Cristo non è affatto divisiva, anzi per aver dato dignità alla sofferenza è eticamente unificante. Il messaggio del Cristo è, a mio avviso, rivoluzionario che ne fa un simbolo “trans-religioso” che non offende nessuna sensibilità.  L’assessore Franconi- conclude Di Consoli – ha mostrato maturità e senso di responsabilità non facendosi trascinare in una polemica sterile, lasciando il crocifisso al suo posto. Chissà, qualche volta, volgere lo sguardo al Cristo, potrà anche rafforzarla nel suo compito, ricordandole di essere al servizio dei più deboli e  bisognosi».

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