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IL Consiglio di Stato ha respinto un nuovo ricorso dei proprietari di alcuni alloggi di Macchia Giocoli, per cui il Comune ha chiesto il pagamento del valore del terreno.
Anche questa vicenda si inserisce nel dibattito sul dissesto e sui conti del Municipio di Potenza. Proprio la riscossione di quel valore era stato inserito dall’ex assessore Maria Martoccia in una bozza di bilancio previsionale. Crediti, spiegava la commercialista, che il Comune non può non esigere, ma per cui aveva trovato una via di facilitazione finanziaria per i cittadini. Il sindaco De Luca e l’allora capo della task force del bilancio, Antonio Infantino, si erano però detti contrari. Giudizi in corso, cause pendenti e una difficile valutazione del valore dei terreni non permettevano di inserire la cifra tra le poste positive del bilancio.
Il Consiglio di Stato chiude la questione, stabilendo che il Comune ha il diritto di chiedere il pagamento del valore dei suoli.
I cittadini avevano già chiesto la revoca di precedenti sentenze, emesse sia dal Tar lucano, sia dal Consiglio di Stato, sulla cessione onerosa di quei suoli: «è legittima la pretesa comunale».
L’ultimo ricorso è nato dopo la scoperta tardiva di alcuni documenti che avrebbero potuto cambiare le decisioni dei giudici.
La vicenda è molto complessa. E comincia anni fa, quando la città di Potenza si espandeva e diverse famiglie avevano creduto di poter investire i propri risparmi in una certezza per il futuro, una casa di proprietà.
La localizzazione dei suoli su cui sarebbero sorte diverse cooperative risale al 1972: il Municipio avvia un programma edilizio per la costruzione di alloggi popolari.
Nel 1984 il Comune approva le richieste di otto cooperative e i relativi progetti per la realizzazione di alloggi di edilizia popolare in località Macchia Giocoli.
Comincia così un lungo contenzioso fatto di deliberazioni, atti, sentenze, ricorse, nuove delibere. I proprietari originari dei suoli chiedono di essere risarciti per l’occupazione dei terreni, il cui iter non era stato regolare.
Nel 2006 viene stabilito che la colpa dell’errore è esclusivamente del Comune: il Municipio paga più di 3 milioni di euro.
Anni dopo, nel 2009, il Comune di Potenza decide di completare l’iter ormai avviato, acquisendo al proprio patrimonio le aree su cui aveva pagato i danni.
L’amministrazione nel 2011 ha poi invitato le cooperative e i soci assegnatari ad acquistare la proprietà dei terreni su cui sorgono le case. La delibera che impone ai cittadini di pagare i suoli è stata impugnata e il Tar di Basilicata ha accolto l’istanza dei cittadini. Fino a quando il Consiglio di Stato ha ribaltato l’esito della contesa.
Quest’ultimo ricorso è stato attivato perché i cittadini interessati sono entrati in possesso di nuove informazioni.
Ai loro difensori è stato recapitato in forma anonima un plico contenente documenti legati alle assegnazioni.
I giudici del Consiglio di Stato hanno però spiegato che il ricorso non può essere accolto. In fondo già nei precedenti contenziosi «il punto centrale è stato proprio l’avere il Comune omesso un’istruttoria completa». Rimediare oggi non si può, dicono.
In gioco c’è il destino di 108 famiglie, decise a difendere il diritto a quella casa per cui hanno investito. E c’è il destino di un ente in dissesto che difficilmente potrà rifiutare di incassare crediti dichiarati legittimi.

sa.lo.

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