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di DOMENICO TALIA

La teoria dei “sei gradi di separazione” dimostra che il mondo è molto più piccolo di quanto comunemente si pensi. Anche se c’è ancora qualcuno che dubita che per stabilire un contatto tra due individui scelti a caso siano necessari in media cinque intermediari, è ormai certo che qualunque persona sulla Terra può essere collegata a qualsiasi altra attraverso una catena di conoscenze molto limitata che varia all’incirca da quattro a sette. Questa regola ovviamente vale per le relazioni “sane” come per le relazioni “viziose”.
I capibastone non hanno certamente studiato la teoria dei “sei gradi di separazione” che fu proposta circa ottanta anni fa dallo scrittore Frigyes Karinthy e che da allora è stata studiata e sperimentata da sociologi, statistici, matematici e studiosi di Internet e dei social network. Eppure, anche se i malandrini non l’hanno mai studiata, hanno imparato sicuramente a praticarla per costruire le loro reti relazionali di potere, di sopraffazione, di esercizio quotidiano delle trame di malaffare. Loro hanno mostrato di sapere bene che è sempre possibile tentare di percorrere una catena di relazioni interpersonali per raggiungere una persona che sia funzionale ai loro scopi, sia essa un professionista, un funzionario pubblico o addirittura un uomo di legge dal quale ottenere favori, per ricavarne vantaggi o per commettere crimini funzionali ai loro interessi.
Purtroppo, la teoria del mondo piccolo (small world network) costituito da una rete relativamente ridotta di collegamenti tra persone e comunque con un alto livello di aggregazione, dà loro ragione. Infatti, il modello del mondo piccolo spiega come sia possibile conciliare due aspetti a prima vista contraddittori: da un lato il fatto che ogni individuo tende ad avere relazioni prevalentemente con pochi altri, e dall’altro la possibilità di avere comunque una “vicinanza”, tramite pochi intermediari, con qualsiasi altro elemento della rete (e quindi di avere con esso un basso grado di separazione). Il mondo diventa piccolo perché potenzialmente ogni persona può mettersi in relazione indiretta con ogni altra tramite pochi contatti, ottenendo così una rete di relazioni molto connessa senza avere un grande numero di relazioni dirette.
Se riferito alle mafie questo modello spiega anche come non sia difficile, almeno in teoria, che i loro esponenti riescano a raggiungere la cosiddetta “zona grigia” ed entrare in contatto con persone che possano essere funzionali ai loro obiettivi scellerati. Eppure il modello offre soltanto una spiegazione dei potenziali contatti, ma non dice nulla sull’effettiva realizzazione di quelle relazioni, sulle condizioni sociali, sul comune interesse e sulla reciproca convenienza che li rendono possibili e che, a volte, li realizzano.
Dunque se consideriamo, com’è opportuno, le condizioni che possono determinare una relazione tra un esponente di una consorteria criminale e una persona non legata a quell’organizzazione che viene avvicinata o si fa avvicinare per scopi illeciti, è necessario valutare la disponibilità di entrambi, ed in particolare del cittadino coinvolto, ad avere rapporti – per paura o per ottenere vantaggi – con uomini che spesso sono organici alle organizzazioni malavitose. Solo la coscienza civile dei cittadini onesti può aumentare il grado di separazione tra chi crede nella legalità e chi ha scelto di far parte di un’organizzazione che ha il principale scopo di violarla per acquisire denaro e potere illegalmente.
Il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone di recente parlando della “zona grigia” che è contigua alla ‘ndrangheta, ha affermato che «… i rischi di contagio sono costanti, anche se bisogna sempre distinguere il grano dal loglio.» Ecco questa frase può sintetizzare i due estremi della questione. La teoria dei “sei gradi di separazione” mostra come può essere semplice il contagio ma, allo stesso tempo, il grano si può e si deve differenziare dal loglio, come ci insegna la parabola dei Vangeli. Questo può avvenire aumentando, con i comportamenti e le pratiche quotidiane, i “gradi di separazione civile” tra i cittadini onesti, che sono la stragrande maggioranza e chi fa parte o sostiene, seppure indirettamente, le organizzazioni criminali. Soltanto in questo modo la teoria del mondo piccolo può essere messa in discussione e i gradi di separazione da pochi possono diventare moltissimi, rendendo così difficili e lontane le relazioni rischiose.
Ovviamente, la capacità di distinguere il grano dal loglio deve risiedere anche in chi indaga e combatte il crimine, altrimenti i danni generati dalle facili generalizzazioni possono essere peggiori delle cure.
L’aumento dei gradi di separazione elimina la “vicinanza” culturale e civile anche tra soggetti che possono trovarsi a vivere fisicamente accanto in ambienti cosiddetti a rischio, ma che hanno modelli sociali distanti e opposti. Naturalmente, per evitare luoghi comuni e comode analisi da bar, non è il caso di credere che gli ambienti a rischio siano una caratteristica esclusiva della Calabria o delle regioni del Sud. Anzi, proprio la “disattenzione” storica verso la pericolosità di questi fenomeni ha fatto sì che Piazza degli Affari a Milano o Piazza Montecitorio a Roma siano ormai ambienti a rischio molto più elevato. Ambienti dove, per contare i gradi di separazione tra il lecito e l’illecito, tra il potere costituito e quello mafioso, forse bastano le dita di una sola mano.

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