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di FRANCESCO BOCHICCHIO
WIKILEAKS è una miniera di sorprese: ha rilevato che D’Alema ha sostenuto che i giudici in Italia sono un pericolo per la democrazia. Dov’è la differenza con Berlusconi? E perché Berlusconi continua ad accusare il povero D’Alema e il centrosinistra di guidare i giudici contro lo stesso Berlusconi? Wikileaks dimostra che in Italia si è perso il senso del ridicolo, con Berlusconi, grande “barzellettiere”, che a questo punto incarna l’essenza più autentica dell’italianità. E’ necessario però restare sul piano dell’analisi istituzionale. Il centrosinistra non è riuscito a varare una politica della giustizia autonoma rispetto a Berlusconi, non è stato in grado di riconoscere la legittimazione piena e incondizionata della magistratura a indagare sul potere. Ha cavalcato in qualche occasione la tigre, quando la misura era colma e quando poteva avere qualche convenienza, ma non solo non ha mostrato coerenza di fronte a indagini sulla stesso centrosinistra, soprattutto non ha avuto la forza e il coraggio di contrastare decisamente la battaglia di Berlusconi. Quella di D’Alema è l’ammissione di una resa, e fa bene Berlusconi (dal suo punto di vista) a non mollare la presa per debellare la magistratura, isolata di fronte all’opinione pubblica. La sinistra ha perso l’occasione per assicurare il regolare svolgimento della giustizia in modo indipendente dagli altri poteri e per impiantare una regolamentazione rigorosa, tale da correggerne abusi e inefficienza, ma in modo non punitivo e senza subordinare la magistratura al potere politico. La politica in Italia, con un maggioranza tesa a risolvere i problemi personali del premier e con un’opposizione immobile e passiva, è una politica basata sul vuoto, ma che mostra l’arroganza di voler invadere il campo della magistratura. E’ il massimo della violazione degli equilibri costituzionali. L’opinione pubblica moderata vuole la rivoluzione liberale promessa da Berlusconi, e si interroga con grande dolore – i più costernati su “Il Corriere della Sera” sono, se si eccettua l’inconsolabile Ostellino, Panebianco e Galli della Loggia, mentre più composto è Sergio Romano – sul perché tale promessa non si sia realizzata. Ma nessuno osserva che tale promessa era una bufala, in quanto un liberalismo senza separazione di poteri è impossibile. In Italia domina un liberalismo privo di basi e illogico, contrario ai principi fondamentali del liberalismo stesso. E’ questa l’Italia, un Paese liberale senza liberalismo: d’altro canto vi è una sinistra che ha frettolosamente ripudiato il socialismo ed è diventata liberale, ma ben si guarda del denunziare l’illiberalismo degli avversari. Non è un paese maturo, ma l’insieme di più “barzellette”, con il grande “barzellettiere” diventato il Premier. E D’Alema ha un fascino, in negativo, non minore di Berlusconi. Gli ha svenduto l’Italia, ha accettato il disarmo dello Stato di diritto e del costituzionalismo, ma perché lo ha fatto? Ci si può accontentare della spiegazione che, con il crollo del comunismo, si è trovato impreparato a impiantare una sinistra riformista? Non ha più senso riconoscere che in Italia è necessaria una rivoluzione socialista, in quanto una rivoluzione liberale era ed è contrastata da chi in teoria l’avrebbe dovuta sostenere? Un socialismo democratico e riformista, basato sull’alleanza tra la parte più illuminata del padronato ed i ceti deboli produttivi è inevitabile in Occidente, ma in Italia è assolutamente necessario, in quanto costituisce l’unica alternativa a quel mix paradossale tra tragedia e farsa che Berlusconi ha impiantato.

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