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di FLAVIO STASI
Una passeggiata per le strade di Cosenza ha storicamente rappresentato in Calabria un segno tangibile, positivo. I giovani calabresi lo hanno fatto tante volte, con striscioni e megafoni. Lo abbiamo fatto, per esempio, per l’acqua pubblica o per bloccare i tagli ignobili all’Università ed alla Scuola emanati da Tremonti, in ogni caso sempre con istanze di cambiamento rispetto ad una classe politica da accantonare, indifferenziabile. Ecco perché, scoprendo che persino il governatore della Regione si sarebbe unito a noi su questo percorso storico per cambiare la Calabria, l’entusiasmo è salito alle stelle: finalmente qualcuno che si dimette! La gioia, evidentemente, è durata poco. Quello del debole che manifesta per difendere i propri diritti, del cittadino che scende in piazza per farsi sentire, è ormai un modello anacronistico. Oggi è la casta che scende in piazza, per rivendicare il diritto di continuare ad essere ancora, profondamente, violentemente casta. E non servono più neanche i capipopolo, quelli coraggiosi e carismatici (almeno in gioventù), basta avere i soldi per pagare i pullman ed un paio di “agenzie di viaggi”, quelle che possiamo definire, mutuando un termine edile, “macchine movimento persone”, le stesse che si mettono in moto alle elezioni per intenderci. Se c’è una cosa autentica in tutto questo è che la Calabria merita di essere cambiata davvero, ecco perché ci auguriamo che il governatore-commissario se ne renda conto realmente, oltre a farlo scrivere sui manifesti, e la smetta di insidiare la passata Giunta regionale per l’ambito premio di amministrazione più disastrosa degli ultimi decenni. Per capirci e parlare di fatti, oggi abbiamo un commissario ai rifiuti, che è direttamente o indirettamente il governatore, che sta spendendo fiumi di soldi nostri ottenendo un’emergenza dopo l’altra, costringendo i comuni a scavare altre fosse inquinanti, favorendo involontariamente, ma copiosamente, il business di quella che autorevoli istituzioni ci indicano come la vera società appaltatrice della monnezza: la ‘ndrangheta. Il governatore è anche il commissario alla Sanità, il quale dopo aver chiamato i calabresi alla rivolta contro la casta del centrosinistra, ha proposto una soluzione efficace e funzionale: chiudere gli ospedali. Un po’ come il ministro dell’Istruzione che per colpire i baroni fa pagare più tasse agli studenti e taglia il diritto allo studio. Caro governatore, caro ministro, per chiudere gli ospedali e le università pubbliche non serve mica un politico, basta un contabile! In compenso un politico può fare molto altro, per esempio prende uno stipendio molto più alto. In un dibattito pubblico, discutendo dei costi della politica, sempre il governatore ha confessato, quasi confidenzialmente: «Ho chiamato personalmente a Roma per far accelerare la diminuzione del numero dei parlamentari». Senza voler entrare nel merito, ci chiediamo: come mai un governatore così attento alla spesa pubblica, in un anno e mezzo non ha diminuito il suo stipendio che ammonta a più di 13.000 euro al mese? E quello dei consiglieri, di 11.000 euro al mese? Per non parlare poi di commissioni, presidenti, contro-presidenti, vicepresidenti, gruppi, capigruppo, commissari, sub-commissari, portaborse, rimborsi, porta-rimborsi: tutte cariche che nascono come i funghi d’autunno e che vengono sempre retribuite con migliaia di euro di soldi nostri. Volendo spezzare una lancia in favore di Scopelliti, è doveroso sottolineare che quel “compagnone” di Vendola ne prende 18.000 come governatore della Puglia, ma volendo spezzare una lancia anche nei confronti di cittadini calabresi e pugliesi, imploriamo: potreste evitare di farci pagare le vostre gare di incoerenza? Del resto Scopelliti è lo stesso che da sindaco di Reggio Calabria, quando è stato nominato commissario per la salinità dell’acqua, si è auto-attribuito uno stipendio (un altro, oltre a quello di sindaco) di 5.000 euro al mese. Per dirla alla calabrese: cu’ salute! E sempre restando a parlare di soldi, senza voler entrare nella polemica tutta interna al comune di Reggio Calabria il cui modello ispira oggi l’intera regione, c’è da dire che la Giunta Scopelliti una soluzione per i debiti che i comuni hanno con la Sorical (Società delle risorse idriche calabresi, 51% regione Calabria, 49% Veolia, multinazionale francese proprietaria di inceneritore e discariche) l’ha trovata: con la delibera numero 71, infatti, propone agli enti locali di vendere ogni servizio idrico alla Sorical e di aprire un mutuo con le banche. Che spessore politico! L’amministratore delegato di una banca qualsiasi non avrebbe saputo proporre di meglio, per i propri interessi. Vogliamo parlare dei depuratori e del viaggio in elicottero sul Tirreno cosentino? No, meglio non parlarne per evitare di deprimere i turisti. E poi la cartina di tornasole. Al giorno d’oggi, per capire se un politico lavora bene o meno, basta verificare che sia correttamente perseguitato dalla magistratura, la quale si accanisce esclusivamente sui buoni amministratori. Scopelliti, infatti, è stato già condannato per omissione di atti d’ufficio, insieme a suoi assessori, per la mancata messa in sicurezza di una discarica nel Reggino, nonché dalla Corte dei Conti per aver acquistato una fabbrica facendola pagare al comune di Reggio Calabria più del doppio del suo valore reale, in questo caso soldi dei cittadini reggini. Cambiare tutto per non cambiare nulla, recita Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo. È evidente che la Calabria ha un disperato bisogno di cambiamento, ma gli onorevoli consiglieri sembrano confusi: vestono la divisa dei “cambiatori” invece di quella di “cambiati”.

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