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di OTTAVIO ROSSANI
Inevitabile intervenire su Berlusconi e la crisi collegata a lui che sta vivendo l’Italia, cercando di capire la dinamica del potere in questa situazione. Il dato di fatto è che Berlusconi non vuole lasciare il potere per nessun motivo. «Dio me l’ha data, guai a chi me la toglie», è la frase storica di Napoleone Bonaparte, pronunciata domenica 26 maggio 1805, quando cinse la “corona ferrea” per incoronarsi re d’Italia nel Duomo di Milano. Berlusconi non ha ancora pronunciato questa frase ormai proverbiale, così come non ha ancora fatto senatore il suo cavallo come Caligola. Cambiati i tempi, e non trattandosi di re, ma di presidente del Consiglio di un sistema democratico rappresentativo, il Cavaliere assurto sullo scranno di Palazzo Chigi non vuole più scendere da lì, consapevole che una volta sceso sarebbe difficile ritornarci. Perché oggi – nonostante ciò che dicono i suoi “sciumbasci” – se si andasse al voto non è sicuro che egli riesca ancora una volta a conquistare Palazzo Chigi, anche perché la Lega sta mostrando una notevole insofferenza per questo traccheggiamento che non porta da nessuna parte, se non al discredito dell’Italia all’estero. (Per chi non sapesse o non ricordasse, sciumbasci venivano chiamati gli àscari sottufficiali che nelle Truppe Coloniali italiane, essendo indigeni, potevano raggiungere il grado di maresciallo capo, ma ricevevano un’istruzione da ufficiale in modo che potessero all’occorrenza comandare le compagnie o i plotoni di cui facevano parte. E ho usato questo termine, perché continuare a chiamare “colonnelli” quelli che sostengono Berlusconi all’arroccamento, mi sembra troppo onorifico). Tornando a bomba, bisogna mettere in evidenza la tracotanza di Berlusconi nell’affermare che nelle sue notti può stare con chi vuole e fare ciò che vuole. Ma se così è – al di là di regole che non ci sono e non ci possono essere – non faccia l’uomo pubblico, del quale è fondamentale anche la decenza. Non è opinabile il fatto che a livello internazionale Berlusconi stia dando un’immagine dell’Italia ridicola e ridanciana. Il New York Times, che tutto può essere meno che giornale di sinistra – ha titolato, anche con parsimonia, sotto la foto di Berlusconi “Prigioniero del mondo che ha creato”, scrivendo poi che in Italia realtà e reality ormai si confondono. Più grevi sono stati altri media che non cito. Per quanto mi riguarda, non mi scandalizzo molto per le donnine che frequentano le sue notti, secondo le intercettazioni. Preferirei da parte del presidente del Consiglio maggiore discrezione e anche morigeratezza. Si può fare il confronto con Alcide De Gasperi? Credo che la sua caratura fosse di gran lunga più consistente, e all’estero fece recuperare all’Italia, uscita distrutta dalla Seconda guerra mondiale, credibilità, serietà, chiarezza nelle scelte politiche, cosa che aprì con l’aiuto del piano Marshall la strada del vertiginoso sviluppo economico che restò nella storia come il “Boom”. Il punto non è se Berlusconi sia un satiro che ha bisogno di presenze femminili giovanissime per tenere a bada l’insonnia o la solitudine, oppure se è veramente “malato” come dichiarò a suo tempo lo scorso anno l’ex moglie Veronica Lario. Il problema è come lui si pone di fronte alla politica e alle leggi. Già altre volte ho evidenziato che lui è entrato in politica, confermato anche dal suo braccio destro Fedele Confalonieri, per salvaguadare il suo impero economico e non tanto per passione civile né tanto meno per spirito di servizio verso i suo Paese. Il nodo centrale è questo. Egli è un uomo che è cresciuto con lo spirito d’impresa. L’impresa di per sé è monocratica. Il titolare decide programmi e investimenti e i dipendenti eseguono. La sua visione della politica è identica: il Paese è un’impresa, e lui in quanto “eletto dai cittadini” è al comando; gli altri devono seguirlo. Una concezione, è evidente, da dittatore. Questo atteggiamento – forse senza che lui se ne renda conto, e questo sarebbe ancora più grave perché diventa incontrollabile da ogni punto di vista – lo porta ad esondare dall’alveo istituzionale e costituzionale. Il presidente del Consiglio, secondo la Costituzione italiana, non è un “premier” all’inglese anche se i giornali ormai lo definiscono tale per brevità. E non è un presidente all’americana perché il sistema italiano non è presidenziale. Se lo fosse, una qualche ragione ce l’avrebbe quando dice “eletto dai cittadini”. Intanto la personalizzazione della leadership sulla sua lista elettorale, quando dice “Berlusconi presidente”, è una forzatura nel nostro sistema che non prevede una tale risoluzione. E che lui abbia in tutti i modi forzato per arrivare a instaurare un sistema presidenziale, credo che orma sia chiaro a tutti. Quando va a giurare però davanti al presidente della Repubblica, giura sulla Costituzione che prevede un sistema parlamentare rappresentativo, per cui sono i partiti presenti in Parlamento ad indicare un candidato per Palazzo Chigi. Quindi, secondo la nostra Magna Charta, potrebbe anche essere sostituito da un “governo tecnico” che tanto lo terrorizza. Come del resto è accaduto molte volte nella storia del Dopoguerra. Anche a me piacerebbe una vera stabilità dei governi italiani. Ma come la storia ci dimostra, le due legislature che negli ultimi sedici anni sono durate per i cinque anni regolamentari, alla fin fine sono state fittizie, se non per le sue leggi “ad personam”, che sono ben 37, e per i tre governi rimediati dal centrosinistra (1996-2001). Ancora adesso, lui parla e si comporta come se non dovesse rispondere alla Costituzione, quindi alle leggi dello Stato, come tutti i cittadini. Mi dispiace che sia Fini a pronunciare le parole di rispetto verso la legalità, ma questo è l’orizzonte. Berlusconi si comporta come fosse al di sopra della legge. Fini (e altri) lo richiamano al rispetto delle leggi, alla legalità che “non è impunità”. Possibile che in democrazia, il presidente del Consiglio non debba essere sindacato da alcuno né per quel che dice né per quel che fa? C’è già stato un Cavaliere in Italia che non bisognava disturbare perché lavorava per il Paese, che purtroppo ha portato al disastro. L’arrembaggio alle tre trasmissioni televisive (Annozero di Santoro, Ballarò di Floris e L’infedele di Lerner) in cui il presidente ha cercato di intimidire i presentatori usando parole particolarmente negative e aggressive (con Lerner addirittura “postribolo mediatico” per citare solo quella finale, dopo aver intimato a Iva Zanicchi militante nel Pdl, deputata a Bruxelles, di lasciare la trasmissione), quasi fosse il padrone dei tre canali in questione, è l’ultima dimostrazione che è convinto di essere vittima e invece è il prevaricatore quotidiano, che tende a distorcere le regole del gioco. Non so se i magistrati hanno ragione nel metterlo sotto accusa. La violazione del segreto istruttorio è stata ancora una volta plateale. Sicuramente hanno il diritto di portare a termine il loro lavoro. Certo, se risultasse che hanno abusato del loro potere, dovrebbero a loro volta essere sanzionati. Ma non riesco a credere che tre magistrati più un procuratore, tutti insieme, possano aver agito con stupidità, dopo le polemiche di questi ultimi anni, da Tangentopoli i poi. Staremo a vedere, ma intanto l’Italia sta andando a rotoli.

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