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di ENZO LE PERA
Chi, come me, in tempi andati è stato un tifoso di Bartali, ricorda come il grande campione, intervistato dal cronista di turno, ripeteva: l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare. Per il padiglione Italia della Biennale di Venezia, che dovrebbe inaugurare nel mese di giugno a Villa Zerbi a Reggio Calabria nulla è più vero della frase del nostro ciclista. Se l’idea teorica di Sgarbi, un tantino populista, doveva essere di liberare l’arte dalla critica e dai curatori, e dunque dare voce ai tanti artisti regionali che voce non hanno e che mai avrebbero potuto pensare di partecipare a una Biennale, questa idea poteva in fondo anche essere condivisa. Ad alcune condizioni. La prima delle quali doveva essere la scelta di coloro i quali dovevano appunto individuare i nomi degli artisti da ammettere alla partecipazione. Ed è concepibile allora che possa essere un critico romano, che si è interessato di Calabria solo episodicamente, per avere presentato il mio volume Enciclopedia dell’arte di Calabria ed avere successivamente preso parte a due premi a Vibo Valentia, il Limen arte, a determinare queste scelte? Oppure non sarebbe stato opportuno chiedere a chi opera nel territorio da sempre, magari scegliendo più figure, una per ogni provincia, con un coordinatore regionale, e interessare anche tutte le accademie della regione? Mi pare che questo non sia avvenuto, con il risultato che tutti noi abbiamo sotto gli occhi. Sono note le polemiche in corso. Purtroppo gli inviti non hanno avuto una buona gestazione. È notizia di ieri che hanno declinato l’invito Pirri, Guerrieri, Berlingeri, Violetta, i quattro artisti più importanti tra quelli invitati in Calabria, oltre a Gallo invitato per il Lazio. La confusione regna sovrana. Com’è possibile invitare in Calabria Giulio De Mitri, artista eccellente, ma che con la nostra regione poco o nulla ha da spartire? E così per molti altri artisti, un via vai senza capo nè coda. Oggi come oggi la rappresentanza regionale è del tutto monca per un verso, poco o nulla rappresentativa per altro verso. Mancano all’appello Franco Flaccavento, Luigi Magli, Luigi Malice, per dire tra i maggiori; mancano Giuseppe Negro, Fabio Nicotera e altri tra i più giovani. Ma si possono ancora fare 15-20 nomi decorosi: Nik Spatari, Natino Chirico, Antonello Curcio, Max Marra, e così di seguito. Mentre leggo nomi che a parere non solo mio, non dovrebbero figurare neanche nella mostre delle pro-loco. E infine per tanti si dovrebbe parlare di figure che potrebbero essere collocate in un limbo tra arte e artigianato. Com’è pensabile che artisti operanti in campo nazionale e internazionale avrebbero potuto dividere una parete con chi dipinge ritratti agli avventori del bar all’angolo, o con chi scatta fotografie per i matrimoni e le cresime? Così come si è venuta a determinare adesso la presenza calabrese potrebbe appena figurare in una modesta galleria di provincia. Ancora una volta la Calabria è stata maltrattata, ha subito degli sgarbi, che stigmatizzo con forza e durezza. Si può ancora dare una raddrizzata? È difficile dirlo. Ma bisognerebbe con ogni mezzo e con ogni sforzo provare. Restano pochi, pochissimi giorni per tentare un recupero d’immagine. Perché così come viene rappresentata la nostra terra ne esce malconcia. E Fernando Miglietta, che ha avuto l’incarico di coordinare il padiglione, da solo non credo possa riuscire, perchè non conosce in toto il territorio. Non è critico militante, non organizza mostre e rassegne d’arte, non si interessa di arte calabrese. La Calabria è terra bellissima e maledetta. Abbiamo un tragico destino. Anche in una rassegna d’arte ne usciamo male.

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