X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

di MARIO MARINO*
Signor ministro della Sanità, le circostanze vissute in tutti questi anni da segretario regionale della Cisl-medici mi obbligano a rivolgermi a lei. La mia regione, la Calabria, arretra sia in termini di qualità dei servizi che di sicurezza per la vita umana, a tal punto da sentirmi inadeguato a proseguire il percorso iniziato da Francesco Fortugno, vittima innocente della ‘ndrangheta. A nulla sono servite le morti innocenti di tanti giovani. A nulla è servita l’emersione di un debito pregresso miliardario, per anni sottaciuto (e ancora incerto). A quasi nulla giova il piano di rientro in atto, perché asservito agli interessi promozionali dei governi regionali che si sono succeduti, piuttosto che essere finalizzato a rendere salute ai cittadini. Un piano di rientro che sta sempre di più risultando senza un’anima, perché trascura il mio territorio. Un risultato determinato dalla sua elaborazione avulsa dalla realtà, fondata su bisogni epidemiologici mai rilevati, su soluzioni buone per ovunque, tirate fuori dal cassetto di chissà quale altra regione. Insomma, la Calabria, complice la burocrazia ministeriale che, di fatto, determina le sorti della salute nel Paese, è riuscita a fare anche questo: a proporre un piano di rientro preso a prestito, ove si sono offerte soluzioni ai mali senza che gli stessi fossero affatto conosciuti. Da qui, presidi ospedalieri chiusi da chi non li ha mai toccati con mano, da chi non conosce la penosa rete stradale che li separa, da chi non ha la minima idea dei calabresi. A tutto ciò si è aggiunto il commissariamento ad acta che ha fatto il resto, insediando strutture di coordinamento inadeguate, formatesi in un modo indescrivibile. Tutto questo a discapito dei medici calabresi che sono i veri eroi, i protagonisti di ciò che di buono ancora rimane. L’ultima vicenda, ovverosia la diffida del Tavolo Massicci notificata alla Regione riguardante il presidio ospedaliero S. Barbara di Rogliano, nel senso di doverlo ritenere scisso dall’Azienda Ospedaliera dell’Annunziata di Cosenza, della quale ha sempre fatto parte, mi ha impedito l’abituale tolleranza. Mi sono detto: Fortugno non avrebbe accettato in silenzio violazioni così palesi. Eccomi qui sul foglio, inviato alla stampa come lettera aperta, che Le dedico nell’interesse della mia terra e delle persone che la amano così tanto da non scappare via. Sono qui per chiederle una maggiore attenzione per la Calabria, il ripristino della legalità a tutela del diritto alla salute. Tutto si sta decidendo, infatti, al di fuori delle regole costituzionali, meglio, contro quei principi di diritto che, ovunque, sono acquisiti da sempre. Mi spiego meglio. La regione Calabria a differenza di tutte le altre ha ritenuto di esercitare la programmazione della sanità attraverso l’approvazione di una apposita legge. Non ha seguito l’esempio delle altre che l’hanno delegificata in attuazione dell’art. 1 della legge costituzionale n. 1/99. Da ultimo, ha licenziato nel 2004 la legge regionale n. 11 che, al di là dei numerosi strafalcioni che conteneva, ha approvato (art. 21) il Piano Regionale per la salute 2004-2006”. Con questo ha, tra l’altro, legislativamente sancito la propria rete ospedaliera, individuando per ciascuna azienda e per ogni presidio dislocato sul territorio la sua mission istituzionale da svolgere in favore della collettività. In ciò, ha insediato il presidio di Rogliano nell’Ao di Cosenza. E’ accaduto di seguito, a partire dalla trascorsa legislatura, che nel redigere il piano di rientro non si tenesse affatto conto dell’esistenza di tale provvedimento legislativo. Si è, infatti, modificato, senza che nessuno lamentasse l’errore, il contenuto della legge regionale con atti amministrativi. Ebbene, da tutto questo è scaturito un disastro che, se non riportato a legalità, potrebbe innescare un contenzioso che non ha eguali, magari intrapreso dalle numerose amministrazioni comunali legittimate ad hoc per essere costrette a sopportare, in forza di decisioni commissariali (atti amministrativi), la chiusura ex abrupto delle loro strutture ospedaliere, legislativamente protette, in quanto confermate nel ripetuto provvedimento legislativo regionale (11/04). Di tutto questo nessuno se ne è accorto. Né tampoco è stato rilevato dai nominati sub-commissari (anzi!) e dai tavoli ministeriali preposti ai controlli degli atti, i quali hanno addirittura diffidato la regione a fare ciò che è contrario a norme imperative. La stessa, infatti, ove mai dovesse e/o volesse rendere autonomo il suddetto presidio di Rogliano dall’Ao di Cosenza, sarebbe tenuta a farlo con legge specifica ovvero con un’altra di delegificazione del vigente strumento pianificatorio. Una soluzione va comunque trovata, è troppo alto il rischio di provvisorietà nell’assumere le decisioni che contano. Ricostruire sì, ma con la certezza che solo il corretto esercizio del diritto può garantire, anche per salvaguardare il tutto da una altrimenti convulsa tenuta dei conti pubblici, che chiamerebbe a responsabilità le Asp e le Ao perché non supportate da provvedimenti legislativi idonei a determinare le necessarie trasformazioni rispetto a quanto, a suo tempo, normativamente ereditato. Ritengo che dalla sua indiscutibile caratura tecnica debba provenire un intervento che riporti il tutto a normalità. A quella normalità cui la mia regione aspira da sempre e alla quale non riesce a pervenire. Grato per l’attenzione che vorrà riservare alla Calabria e ai Calabresi, voglia gradire i miei più vivi segni di stima.

*segretario regionale
Cisl medici Calabria

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE