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di ETTORE JORIO
Farmaci fuori dalla farmacia oppure no. Questo è stato l’argomento dominante di questi giorni, nonostante la consistente manovra elaborata e proposta dal governo Monti. Come se da una tale scelta dipendesse la ripresa della economia e il rilancio dell’occupazione! Ma cosa ci azzeccava (per dirla alla Di Pietro) tutto questo con le misure economiche che dovrebbero risanare il Paese? A fronte della certezza della sua ininfluenza assoluta, francamente non si riesce a comprendere il contenuto della dichiarazione di Pierluigi Bersani all’esito del voto favorevole sulla manovra alla Camera. L’unica cosa che il leader politico, della mia sinistra, ha avuto modo di rilevare è stata la sua stupefazione in relazione alla “debolezza del Governo sul tema delle liberalizzazioni”. Ergo, su quella dei farmaci di fascia C in favore della grande distribuzione organizzata. Più che la dichiarazione di un importante uomo politico è sembrata essere ai più – atteso il tono e la passione impiegati – la pretesa di un grande azionista impegnato nella tutela del proprio mercato ovvero, alternativamente, la reazione di uno così incazzato con i farmacisti da avere loro giurato una guerra a tutto campo, a prescindere da tutto e da tutti. Ma dico io, con tutti i problemi che affliggono e che affliggeranno gli italiani a seguito di una manovra così tosta, come può giustificarsi una azione così limitata da parte del leader della sinistra (!) italiana? Non una parola per i pensionati e quelli che dovranno aspettare per esserlo, entrambi in sensibile sofferenza. Poco sui tagli della politica. Nulla per il Sud martoriato dalle povertà e dalla mancata previsione del risanamento idrogeologico di un Mezzogiorno che sprofonda. Silenzio assoluto per l’occupazione dei giovani, per le imprese che chiudono e rompono i tradizionali rapporti contrattuali. Non un pensiero per l’assistenza ai soggetti deboli. Nulla di tutto questo, perché il vero problema del Bersani-pensiero sono le farmacie che fanno business con le pillole dell’amore piuttosto con lo sciroppo che fa (quasi) bene alla salute. Il problema è tutt’altro e la sinistra, che ne è stata genitrice, lo dovrebbe ben conoscere e valutare. In gioco c’è la natura concessoria della farmacia che attribuisce la titolarità del servizio allo Stato (oggi alle regioni). Un servizio che l’Autorità pubblica realizza attraverso le farmacie comunali e private. Bene, ovunque e da oltre un secolo (bastino le farmacie comunali bolognesi, piuttosto che le toscane). Una caratteristica, questa, che impone la presenza di almeno una farmacia per ogni comune. Una prerogativa che rappresenta una certezza assistenziale nella nostra regione disseminata di piccolissime realtà municipali, quasi sempre segnatamente montane. Su 409 comuni calabresi circa il 20% non superano i 1000 abitanti. Sono pochi quelli che contano oltre 5.000 anime. In presenza di una caduta generalizzata della redditività delle farmacie (che, è bene dire, effettuano uno sconto medio ordinario al SSN del 10%) è davvero pericoloso rompere il sistema di servizio creatosi, che ricordiamo esser riconosciuto come il migliore del mondo. A ben vedere, la situazione è delicata e la politica dovrebbe ben conoscerla. L’enormità dei ritardi nei pagamenti convenzionati, la consistente e continua riduzione dei prezzi, la positiva diffusione dei farmaci generici, il naturale contenimento prescrittivo hanno reso la farmacia debole sotto il profilo delle sue componenti imprenditoriali. Lo dimostrano le frequenti situazioni di disagio economico vissute da tante farmacie calabresi (e non solo), delle quali un numero sempre maggiore fa ricorso alle procedure concorsuali (piani di ristrutturazione, concordati preventivi) per evitare i maggiori disagi che deriverebbero da oramai verosimili dichiarazioni di fallimento. Ne sanno qualcosa i fornitori calabresi, anch’essi al limite della sopravvivenza economica e occupazionale. Dunque, una situazione a rischio e sottovalutata. C’è un sistema di concessione pubblica da salvaguardare e, con esso, l’occupazione che esso garantisce. Stiamo attenti a creare altri sistemi di crisi! Poi, per fare cosa? Per garantire alla grande distribuzione, oramai in mano a pochi, di usare il farmaco come prodotto civetta? Questo sarebbe il vero business: tre viagra al prezzo di due, con tre bollini di sconto su fiordilatte e gorgonzola. E intanto incentiviamo il consumo di ciò che il farmacista è tenuto a contenere e controllare. Non ultimo regaliamo alla delinquenza organizzata un altro settore protetto. Io non ci sto!

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