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di FRANCO CIMINO
«Le parole del Papa non erano rivolte a me» ha detto il presidente del Consiglio. Probabilmente, ha ragione, se si considera che tra pari o colleghi non si impartiscono lezioni. Il Pontefice ha dunque parlato a tutti dalla sua Cattedra universale. A tutti meno uno. Il senso delle sue parole è rivolto al comportamento dell’uomo, che non può essere in alcun modo distinto tra pubblico e privato. Relativizzare la morale, privatizzarla dentro interessi personalistici non è consentito. Specialmente, per quanto attiene la dignità della persona e dei suoi diritti. Non può esserci una doppia morale allo stesso modo in cui non può esserci una doppia legge. L’una, che utilizziamo per tutti, l’altra soltanto per noi stessi oppure per i potenti. Questo principio non riguarda soltanto i politici o gli uomini delle istituzioni, le star dello spettacolo o dello sport, ma tutti. Davvero tutte le persone. Pubblico è l’ambito nel quale le scelte e i comportamenti individuali hanno una valenza sugli altri, su giovani in formazione, particolarmente. Qualche esempio concreto. Un docente (il più bravo di tutti nelle sue discipline), di scuola elementare o liceo o Università, può frequentare nel suo privato una minorenne o vivere una vita notturna sfiancante per piaceri estremi, divertimenti vari e poi presentarsi tranquillamente poche ore dopo alle sue classi? E un giornalista, un amministratore del bene pubblico, un sindacalista, un dirigente di partito può dividere le sue giornate tra un tavolo da gioco, dove perde e vince denaro a fiumi, e quello delle riunioni dove investe denaro pubblico? E una personalità pubblica può fare uso di sostanza stupefacenti o alcoliche o distribuire la sua “privatezza” tra due tre famiglie nascoste e poi dare lezioni sul valore della famiglia e sul sano rapporto genitori-figli? La stessa domanda va posta ai preti, e a quanti operano secondo una missione religiosa. L’elenco sarebbe ancora lungo, ma questi esempi sono sufficienti per rispondere alla domanda: possono? Sì, che possono. Tutti siamo dotati di libero arbitrio, che va oltre le stesse libertà garantite dalle società cosiddette libere. Ma il fatto di potere tutto nella propria sfera privata, non significa che ogni atto sia legittimo o lecito o moralmente sostenibile. Se ciò fosse possibile, inevitabilmente si avrebbe un capovolgimento della morale. E il trasferimento del privato in costume. In atto pubblico. In principio da diffondere. Una società che moltiplica a milioni i comportamenti individuali, è una società che modifica se stessa e istituzionalizza la doppia morale, concedendo a quella “nascosta” il privilegio di rappresentare anche la prima. L’indignazione, lo scandalo, il senso di fastidio e di meccanico rigetto, rappresentano l’antidoto alla diffusione del virus corruttivo. Il rischio che sta correndo l’Italia a causa non soltanto della vita privata del Cavaliere ma specialmente della campagna martellante con cui – utilizzando ogni mezzo della comunicazione – la difende, addirittura quale diritto inalienabile della persona, è che si sviluppi una sorta di assuefazione nel Paese. Il rischio, ancora, è che si realizzi una specie di capovolgimento della verità e dei principi etici, attraverso il quale l’assenza di un qualsiasi reato dimostrabile concede a un fatto di ripulirsi di indegnità e immoralità. Il rischio è che scompaia lo scandalo dalla coscienza delle persone. Non c’è bisogno di scomodare il Vangelo per scoprire che le società che non si scandalizzano perdono l’orientamento verso quei valori universali che in ogni tragica situazione salva le società e talvolta l’umanità dall’orrore di se stessa. Allarma moltissimo quell’ultimo sondaggio che conferma il presidente del Consiglio e il suo partito stabili nella larghissima preferenza degli italiani. Per questo le parole del Santo Padre, finora inascoltate, sono rivolte a tutti gli uomini. A tutti gli italiani. Sono loro che devono cambiare, reintroducendo nella propria coscienza la forza di scandalizzarsi. E di ribellarsi di fronte a quanti della propria vita privata vorrebbero farne un esempio per i giovani. O semplicemente un atto di prepotenza, figlia di quella cultura padronale secondo cui chi ha il potere e i soldi può fare tutto. Anche cambiare la morale.

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