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di MATTEO COSENZA
Si è chiusa una fase, se ne apre una piena di incognite (elezioni subito o un governo tecnico transitorio per un periodo forse non brevissimo), ma è presto per capire come sarà l’Italia, politica innanzitutto ma non solo, dopo Berlusconi. Questa incertezza è data esattamente dal modo con il quale lo si è buttato giù, facendolo andare al di sotto di quella maggioranza che aveva avuto dagli elettori e che ha riconquistato con tutti i mezzi nei mesi scorsi. Non è l’Italia, non sono le forze dell’opposizione che l’hanno schiodato da Palazzo Chigi, non è la protesta sociale né la sollevazione del Paese di fronte a tutto quello che è accaduto in questi anni, che hanno scosso i suoi palazzi, non ce l’ha fatta la magistratura con i tanti doverosi processi e inchieste, no, è l’Europa che l’ha messo in ginocchio. Altrimenti ne avremmo avuto ancora per parecchio con il Cavaliere e le sue quotidiane trovate. Si dirà: ma se l’Europa è intervenuta così pesantemente lo si deve alla caduta di credibilità e di prestigio del nostro Paese a causa del suo impresentabile premier. Certo, ma è una risposta che coglie solo un pezzo del mosaico. Sicuramente quella che ha stritolato Berlusconi è la manovra concentrica di poteri forti italiani ed internazionali, Confindustria in primis e poi banche, qualche istituzione e tanti trasformisti sempre pronti a viaggiare da una coalizione all’altra, ma non si può affermare che siano stati gli italiani a dire basta. Poi con il nuovo vento e secondo inveterate abitudini, ancor prima che Berlusconi finisca nel dimenticatoio, saranno molti quelli che faranno finta di non averlo mai votato e sostenuto. Questa riflessione è necessaria perché il dopo-Berlusconi non sarà semplice né lineare dal momento che in questi anni non si è vista un’effettiva alternativa di governo; al contrario sono andati in scena i soliti giochi di potere – il peggio della prima e della seconda Repubblica – di un ceto politico di scarsa affidabilità e riconoscibilità. Per questo motivo è stato decisivo l’intervento dell’Unione e della Banca Europea che con il loro pressing finanziario e politico hanno posto l’Italia di fronte al bivio tra il disastro e il. disastro. Ci stanno dicendo in tutte le salse che le leggi del mercato sono sacre, ma qualcuno dovrà prima o poi chiedersi dove ci porterà questa deriva decisa da pochi operatori e speculatori finanziari internazionali. Vedremo che accadrà con la legge di stabilità emendata con le nuove indicazioni europee propedeutica alle dimissioni preannunciate di Berlusconi. Sarà già quello un modo per capire quale ruolo giocherà l’attuale opposizione e probabile futura maggioranza. Di positivo l’uscita di Berlusconi, a parte l’archiviazione dei suoi comportamenti indecorosi, dovrebbe portare chiarezza. Perché nel momento in cui non dovremo più partecipare ad un referendum permanente pro o contro di lui, si parlerà finalmente di politica, di scelte economiche e di problemi reali. Il futuro sarà migliore? Auguriamocelo, ma non intravediamo giganti all’orizzonte e non vorremo assistere alla restaurazione dei vecchi riti della politica politicante. In gioco resta il destino della gente, che dovrebbe stare di meno alla finestra e ricordarsi che lo spettacolo che mandano in onda su schermi e video non è una fiction.

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