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di NICOLA FIORITA
In occasione della festa dell’Epifania, Papa Ratzinger ha annunciato la convocazione del quarto concistoro del suo pontificato e la nomina di 22 nuovi cardinali. Lasciando da parte i quattro ultraottantenni che, come tali, non avranno diritto di voto al momento di eleggere il successore di Benedetto XVI, i nomi degli altri diciotto neoporporati hanno suscitato dei commenti molto diversificati (positivi, prudenti, sorpresi, ma anche molto critici) tra gli esperti e tra i commentatori di tutto il mondo. Il primo dato che merita di essere segnalato è che, con queste nomine, il collegio degli aventi diritto al voto supera il limite massimo di 120 unità stabilito da Paolo VI, essendo ora composto da 125 cardinali. E’ vero che lo strappo alle regole rientrerà in breve tempo, visto che nei prossimi mesi diversi cardinali raggiungeranno quegli ottanta anni che comportano la perdita dell’elettorato attivo, ma resta sul piano procedurale la perplessità per una scelta che non trova altra giustificazione che il desiderio del Pontefice di portare a compimento, quanto più rapidamente possibile, la ristrutturazione dell’organismo che ne eleggerà il successore. Con queste nomine, d’altra parte, si consegue una volta per sempre questo intento così che ormai possiamo affermare che Papa Ratzinger controlla la Chiesa di oggi e quella di domani, che egli governerà per gli anni che gli restano da vivere ma anche per quelli che verranno in seguito. Dall’inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ha già nominato 63 cardinali su 125, il che significa che a partire da questo momento la maggioranza di coloro che sceglieranno il nuovo vescovo di Roma sarà formata da uomini scelti e selezionati dall’attuale Pontefice. E che papa Ratzinger abbia una idea chiara sulle direttrici della politica ecclesiastica dei prossimi decenni non vi possono essere dubbi, come risulta con una certa nitidezza scorrendo, per l’appunto, l’elenco dei 22 nuovi cardinali: molti europei, moltissimi italiani, nessun africano, solo un brasiliano a rappresentare l’intera America meridionale, il vescovo di Hong Kong a chiudere la lista, una impressionante prevalenza di uomini di formazione e provenienza curiale. Ciascuno di questi dati ci dice qualcosa. Evidentemente i viaggi in Africa, o la reiterata sottolineatura della rilevanza che questo continente assume per il futuro della Chiesa, non spostano gli equilibri di vertice e il governo della Chiesa resta saldamente custodito in mani occidentali. Più precisamente, nelle mani degli esperti uomini di curia italiani, che assicurano continuità, esperienza, tradizione, equilibrio alla Chiesa che si proietta verso le grandi sfide del domani. E nemmeno l’America Latina, grande riserva di fede e partecipazione da schierare contro l’avanzata della secolarizzazione, gioca e giocherà un ruolo significativo nel futuro. Se le gambe e i cuori della Chiesa avranno le fattezze degli uomini e delle donne del Sud del mondo, la sua testa resta in Europa e i suoi massimi vertici continueranno ad avere i tratti dell’uomo anziano bianco ed occidentale. E l’inserimento nel collegio cardinalizio del vescovo di Hong Kong aggiunge, a mo’ di postilla, che la diplomazia vaticana attribuisce maggiore importanza ai rapporti con la Cina – dove pure vive una percentuale minima di cattolici – che alle aspettative dei milioni di fedeli africani. Il secondo sguardo alla lista dei nuovi cardinali ci porta a concentrarci sui nomi: su quelli che ci sono e su quelli che mancano. In quest’ultima categoria spicca l’assenza di mons. Rino Fisichella – dato per certo da molti analisti – che probabilmente sconta l’atteggiamento di eccessiva comprensione ed indulgenza manifestato nei confronti dell’ex presidente del Consiglio italiano e dei suoi comportamenti (dalla bestemmia in pubblico al bunga-bunga). A sorpresa, invece, troviamo tra i nominati mons. Betori, vescovo di Firenze. La presenza in concistoro di due vescovi emeriti della diocesi fiorentina (Piovanelli ed Antonelli, quest’ultimo con diritto di voto) e la sua vicinanza con mons. Ruini sembravano escluderlo da questa tornata di nomine, ma la scelta di Benedetto XVI potrebbe aver tenuto conto delle tragiche vicissitudini che hanno recentemente riguardato il vescovo fiorentino ed il suo segretario. Infine, tra i nuovi cardinali spicca il nome di mons. Bertello, ultimo grande erede di quella genia di nunzi che ha reso famosa in ogni epoca la diplomazia vaticana. Nel gioco di chi resta escluso e di chi entra in quello che è stato causticamente definito come il club più esclusivo del mondo, dobbiamo sottolineare che ancora una volta la Calabria resta all’asciutto, completamente ignorata dalle nomine pontificie. Nessun cardinale è nato o ha servito la chiesa nella nostra Regione. E non si possono condividere fino in fondo le riflessioni espresse da Alberto Melloni sul Corriere della Sera, secondo cui quel che conta non è la nazionalità dei cardinali ma la loro capacità di ascoltare il mondo. E’ certamente vero che la testa, il cuore e la fede contano più del luogo di nascita o di residenza, ma è altrettanto vero che i cardinali sono, oltre che uomini di fede, i rappresentanti di valori, bisogni, tradizioni e interessi di porzioni territoriali dell’intera comunità dei fedeli. Il loro sguardo ha da essere universale ma anche particolare, e la loro narrazione specifica concorre a comporre la visione generale della Chiesa. E in quella visione continua e continuerà a mancare il nostro accento.

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