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SONO stati anni difficili. Anni di dolore e di odio. Di divisioni. E questo giornale è stato dentro il groviglio scegliendo la strada più difficile, nella quale ha creduto.
C’era l’omicidio irrisolto di una ragazza. E c’era un’intera famiglia accusata di complicità. Non si trattava di difendere un medico e un magistrato perchè potenti, pezzo della borghesia cittadina. Ma di ascoltare le loro ragioni, innanzitutto, come nessuno sembrava essere disposto a fare. Atti processuali alla mano. C’è una gerarchia anche nel dolore, certo. Ma la ferocia con la quale in molti si scagliarono contro la famiglia Cannizzaro (e poi contro il giornale) è una delle ferite della storia di Potenza. Neppure adesso il delitto Claps è un caso pacificato, se non nelle responsabilità dell’autore dell’omicidio. E’ ancora difficile parlarne. Perchè le parole si scontrano con i sentimenti che non potranno mai essere risarciti. Ma l’udienza di ieri è stata importante.
Ristabilire una verità è prova di grande coraggio. E dunque le dichiarazioni di Gildo Claps non possono che meritare rispetto. Senza trionfalismi. Nei giorni, negli anni in cui non sembrava che esserci questo argomento a Potenza, questo giornale cercò di capire le ragioni di tutti. Orientarsi nelle carte processuali non era semplice. Ma la chiusura a discutere da parte di molta militanza antimafia anche quando un pentito era stato così apertamente sbugiardato rimane un aspetto su cui apprezzerei il confronto.
Ci sono ancora processi in corso, mentre Potenza è oggi indifferente. Succede sempre così. Restano le voragini esistenziali di tutti i protagonisti di questa maledetta vicenda. E una chiesa in ristrutturazione. Sperando che nasca lì un centro antiviolenza. Nessuno più potrà entrarvi per pregare un Dio che ha chiuso gli occhi.

l.s.

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