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di MARIO CAMPANELLA
La decisione del ministero degli Interni di procedere all’accesso presso il Comune di Reggio Calabria era aspettata. La tragica morte di Orsola Fallara con i retroscena annessi è stata a mio avviso determinante per concretizzare una decisione che avviene nel rispetto delle prerogative della Commissione. Ci sono altri fatti che riguardano singole persone elette nel Pdl (ma si tratta di contestazioni allo stato), così come ci sono accuse pesanti che coinvolgono consiglieri provinciali del Pd in altre realtà. Sarebbe sbagliato, però, innescare l’equazione per cui gli amministratori in carica (se si provasse che i consiglieri in questione siano stati eletti dalla mafia ) siano mafiosi. La Calabria, specie nelle grandi città e province, presenta molte zone oscure. Pensare che sia possibile controllare la moralità di tutti i candidati è utopistico. Si può verificare il casellario giudiziario, ma un candidato a sindaco o a presidente può seguire con il monitor la campagna elettorale di un suo adepto 24 ore su 24? Detta così, la questione rischierebbe di passare in cavalleria come una sorta di predestinazione geopolitica per le regioni del Sud. Non è affatto così ed è giusto che l’Antimafia svolga il suo ruolo. Il pericolo, però, di una strumentalizzazione politica che si agganci alla demagogia anti-casta che viene propalata (in Calabria da personaggi veramente ambigui e pericolosi ) è alto. Sono freschi i casi di Amantea, dove un galantuomo come Tonnara ha vissuto lo sfregio del commissariamento antimafia per due anni salvo poi essere reintegrato dal Consiglio di Stato, e di Corigliano Calabro, dove il sindaco, Pasqualina Straface, è stato disarcionato due giorni prima di essere prosciolto completamente da ogni accusa, per alzare la bandiera della demagogia. Oggi a Reggio Calabria e domani in altre istituzioni non può essere usata la leva dell’antimafia come una clava che distrugge uomini ed esperienze senza alcun contraddittorio. Conosco Demi Arena e sono certo che sia distante anni luce dalla mafia. Così come ho vissuto le minacce rivolte a Scopelliti e Tonino Gentile per avere escluso dalle liste regionali personaggi sulla cui chiarezza c’erano molti dubbi. La legislazione antimafia va rafforzata, ma non puo essere connessa al rapporto singolo-comunità. Perché a Reggio, a Catanzaro, a Cosenza, ci sono flotte di persone mafiose o vicine alla mafia che votano. E votano chiunque, qualsiasi partito, perché spesso e volentieri partono dal rapporto personale. Non è una giustificazione aprioristica, ma il lavoro dei commissari deve essere certosino ed equilibrato: ci vogliono prove di coinvolgimento effettivo dei ranghi piu alti perché altrimenti si rischia di distruggere la vita di tante persone. Chi scrive nel passato è stato antagonista culturale di una parte politica, ma non può non registrare come, per esempio, le inchieste in Calabria nel periodo 2005-2010 si siano risolte tutte con assoluzioni e proscioglimenti. Chi doveva svolgere il suo ruolo di investigatore serio è diventato politico di prima punta del Paese. La civiltà giuridica viene prima di tutto . Il dolore per la tragica fine della dottoressa Fallara è presente in qualsiasi uomo. Ma fatti personali vanno trattati senza pensare pregiudizialmente che siano espressione di una contaminazione collettiva. Leggendo alcune dichiarazioni di esponenti politici del centrosinistra mi sono venuti i brividi e ho pensato al ritorno di una certa sottocultura . Sarebbe terribile. Il centrodestra oggi ha la possibilità di scendere in piazza, di difendere con le unghia e con il cuore la sua esperienza politica reggina. Che può essere criticata, censurata dal punto di vista amministrativo, qualora ci fossero elementi negativi, ma che è lontana mille miglia dalla mafia. Già qualcuno, vent’anni dopo la rivolta di Reggio, aveva provato a buttare fango su un’azione di autodeterminazione spontanea e convinta, su Ciccio Franco, su soggetti che hanno vissuto la loro attività politica in difesa dei deboli e contro tutte le mafie. Si cerchi altrove, nei grandissimi patrimoni economici, il segno della presenza mafiosa. Quelli continuano ad essere santuari inattaccati in Calabria, mentre la classe politica viene esposta al pubblico ludibrio. Quando si trae in arresto un consigliere regionale del Pd (e all’epoca di Pacenza tutti noi gridammo alla sua innocenza lo stesso giorno in cui fu tratto in arresto) si manifesta dinanzi al carcere, quasi a voler chiedere alla magistratura con quale diritto abbia osato oltrepassare certi limiti. E’ importante che si rispetti il voto popolare, perché Reggio Calabria è composta da una stragrande maggioranza di persone perbene. E sono loro che hanno votato Arena. Per loro la destra deve difendere alta la sua bandiera di onestà.

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