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di ANTONIO LEVATO
È un cattivo Natale questo. Forse non di lacrime e sangue, come ci rassicura super-Mario, ma per i sacrifici dietro l’angolo. E’ innegabile. Sono giorni di grande confusione, di generale apprensione, quasi una sensazione di pena per l’anno che verrà. Che s’annuncia pesante. Molti sono i poveri. Molti lo diventeranno. Pochi saranno ancora più ricchi. Tutti, o quasi, gli italiani hanno buoni motivi per lamentarsi. Tutti si sentono come il piccolo spazzacamino. Una buona ragione per un unico e forte abbraccio e scambiarsi auguri e regali. Ma non si può. Ai regali bisogna rinunciare. E gli auguri, a chi farli? E cosa augurare? Meglio rinunciare. Senonchè la ragione, dea maledetta, e la volontà, stupida invenzione, soverchiano le ragioni del cuore. E questo ci ricorda che Natale è una volta l’anno. E solo una volta l’anno tutti si sentono più buoni. A parte razzisti, xenofobi, tiranni, omologhi e affini. Forse è per questo che il Natale arriva. Dappertutto. Pure laddove Natale viene detto in altro modo. Inesorabile. Inevitabile. Solo uno, tale Erode, provò a cancellarlo. Non vi riuscì. E ancora oggi di costui si conserva pessima memoria. Non sono mancati poi nella storia fino a noi, e in ogni tempo, dozzinali emulatori. Sono finiti male anch’essi. Per fortuna anche i boia muoiono. E allora auguri di buona fortuna e felicità a tutti. Anche a quei pochi che felici lo sono tutto l’anno. Auguri e buona fortuna al Governo Monti, per esempio, che con la denominazione di “governo tecnico” ha arricchito il catalogo dei governi del nostro Bel Paese. Ricordate? Governo provvisorio, di legislatura, di coalizione larga, di coalizione stretta, di larga maggioranza, di larghe intese, a direzione omogenea, balneare, di emergenza nazionale, costituzionale. Fantasia politica in Italia: energia che si rinnova. Ci mancava il Governo tecnico o dei tecnici (i sofisti gradiranno). Al suo annuncio, lo confessiamo, ci siamo sentiti rimbambiti. Nel senso di regrediti all’infanzia. Segno che il tempo in questo Paese gira in tondo. Come nel gioco dell’oca. Un tempo si sarebbe detto “democrazia bloccata”. E oggi? Per la prima volta nella storia repubblicana, la politica si ritrae da sé stessa. Abdica. I partiti sinora divisi su tutto, ritrovano l’intesa sulla eutanasia di sé stessi. Assistiti da Bertone e Bagnasco. Per la prima volta, politica e tecnica governativa si rovesciano l’uno nell’altro. Un record tutto italiano. Perciò auguri a tutti gli italiani. Come vuole re Giorgio. Ma sapendo già di trovarci a malpartito. Cosa augurare per esempio a Papa Ratzinger? Di ridursi in povertà francescana e di parlare in modo più intellegibile? O magari di cacciare i merca(n)ti dal tempio o le icone e i tabernacoli dai mercati e pagare l’Ici? E cosa augurare al Governo Monti? Forse l’attesa alla prova dei fatti? O dei propositi annunciati nel suo primo discorso in Parlamento? Ma c’è poco o nulla da attendersi. Il futuro è già tutto nel presente. E pure al netto d’Iva. L’evento della nascita del Governo Monti, con le sue prime concrete misure è, per così dire, esaustivo. Uno schiaffo in faccia alla gente o un calcio nella pancia. Offensivo oltre che doloroso. Ne sanno qualcosa i pensionati e i lavoratori. Stato di necessità pena il fallimento del Paese, dicono. E giù con le sanguisughe sul corpo dei poveri cristi. Ma essendo Natale è giusto concedere una attenuante a tempo breve, brevissimo. In un famoso discorso del ’33 Roosevelt disse: «La politica che preferisco è di fare prima le cose che devono essere fatte prima». Chissà che Monti non si sia ispirato a questo discorso. E’ bene aspettare le cose che devono essere fatte subito dopo prima. Evitando il fermo immagini sull’intervallo. Dopo il primo tempo. Tuttavia gli auguri a questo Governo sono dovuti. Con la sua incolpevole esistenza ha ripristinato etica ed estetica. Beni pubblici a rischio estinzione. E se del domani non v’è certezza e lieti si vuole essere, allora auguri di cuore a quanti, i più, dovranno stringere la cinghia. Forse ce la caviamo troppo a buon mercato, ma augurare la rivoluzione non sarebbe proprio serio e ad augurare l’uscita dalla crisi, lo sviluppo e maggiore equità bastano Bersani e Casini. Auguri ai deputati e senatori allora? No. Auguri no, ma bravi sì. Per la tenacia testarda con la quale hanno difeso le indennità. Le proprie. Si godano pure il vitalizio, tanto immeritato quanto tenacemente difeso. E che buon pro gli faccia. A Natale si è buoni. Seppure per finzione. E cosa augurare a Marchionne? Che l’ombra dell’adesione maggioritaria dei lavoratori Fiat agli accordi cancelli la realtà del potere di ricatto presente in quegli accordi? Sarà difficile. E i suoi sogni saranno abitati dagli operai Fiom. Perciò si liberi dall’ossessione e così sia. Quasi a conclusione, auguri a chi, fra mille difficoltà, confeziona il giornale che avete tra le mani. Anche per l’editoria sono tempi difficili. Figurarsi in Calabria. E fare un giornale onesto, senza eclettismi e sordo ai richiami di sirene vaganti è un bel regalo ai lettori e alla Calabria. Perciò grazie, e ancora auguri. Infine, poiché sarebbe fatuo fare gli auguri a quanti si dovranno arrabattare più di ieri e a quanti dovranno lottare ancora più duramente per affermare che un altro mondo è possibile, i soli auguri sinceri, calorosi e appassionati non ci resta che farli ai volontari. Che ogni giorno, in famiglia e fuori, in Italia e all’estero, da buoni samaritani provano a curare le ferite da altri procurate. Come il nostro Francesco Azzarà. Buon Natale.

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