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di GIANLUCA VELTRI Lettera aperta a Franco Dionesalvi

Caro Franco, hai ragione: siamo tutti più impoveriti e intristiti dalla vicenda che ha visto coinvolto Padre Fedele Bisceglia. La comunità ne esce ferita, perché indubbiamente il francescano incarnava una gamma di valori positivi, nei quali si specchiavano i cittadini, i giovani, i volontari, i tifosi. È un peccato che sia accaduto quel che sappiamo. Però, caro Franco, Padre Fedele non è una vittima della “macchina del fango”. Non è stato incastrato da una tenaglia politico-mediatica messa in atto dagli oppositori, per farlo fuori con consapevole malafede. Né è stato coinvolto in una macchinazione ordita al culmine d’una lotta di potere. Non è del resto neanche stato oggetto di una campagna giornalistico-mafiosa a causa del suo impegno contro la criminalità. E sto pensando, rispettivamente, a un Boffo, un Fini, un Don Peppino Diana. Tre casi assai diversi in cui è stata declinata la perversione della “macchina del fango”. Non è il caso di Padre Fedele, incappato invece nella giustizia per un reato di straordinaria gravità. Come in tutti i casi non assistiti dalla flagranza, il giudizio sull’imputato si è basato su testimonianze, prove, indizi, dibattimenti. In primo grado Padre Fedele è stato condannato. Il processo è stato lungo, meticoloso, non certo un giudizio sommario. Ci saranno i successivi gradi, e nessuno, né tu, né il dottor Emilio Sirianni, né tanto meno io, può sapere come andrà a finire. Ma intanto qualcosa è cambiato. E ne siamo dispiaciuti. Ma dispiace, oltre alla sorte disgraziata del frate – e con lui, quella di un immaginario cosentino e calabrese casereccio e bonario, sanguigno e generoso, che fatalmente si adombra – dispiace, dicevo, che in questo, come in altri delitti, la figura che rimane più trascurata sia puntualmente quella della vittima. Il cono della dimenticanza avvolge Melania Rea, Sarah Scazzi, Suor T. Figure a noi sconosciute prima, e ignorate anche dopo i torti subiti. Siano esse state violentate o ammazzate, non ci affezioniamo a loro. Sono ombre senza storia, incidenti di percorso. Pare non ci interessino le loro vite segnate o demolite, i sogni e il futuro usurpati. Questo, caro Franco, a me pare osceno. Ci si accanisce in dibattiti sui (presunti, certo) colpevoli, e si circonda le vittime di un orrendo silenzio, che le uccide di nuovo. Non preoccuparsi di quello che hanno passato e di quello che hanno perso, mentre i loro (probabili, possibili) aguzzini fanno valere le loro ragioni, fanno show e passerelle, diventano personaggi e star: a Michele Misseri pare volessero, o vogliano, offrire la conduzione di un programma sull’agricoltura in TV. Ecco, la TV; e arriviamo a un altro punto caldo, Franco, l’ultimo. Le scempiaggini propinate da “Striscia la notizia”, programma straordinariamente poco interessante, non configurano, a mio avviso, una “macchina del fango”. Quello non è dossieraggio, ma un minestrone televisivo nel quale convive di tutto: gossip, scandalismo, show, denunce, sfottò. Ma tutto insieme, perché tutto fa brodo e tutto fa spettacolo: è così che ci abituano a digerire qualsiasi cosa, mescolando gli ingredienti in una poltiglia. E la nostra capacità di scandalizzarci, il nostro dispiacere, la nostra indignazione, durano il tempo di un boccone. Anche Padre Fedele è finito in quella centrifuga che sottrae significato e intensità a qualsiasi notizia, a qualsiasi emozione. Del resto lo stesso frate non ha mai rinunciato alla spettacolarizzazione del proprio operato, non disdegnando qualche uscita sopra le righe, nel bene e nel male. Ma lo sciocchezzaio di Canale 5 non è parte di una macchinazione preparata ad arte ai danni di Padre Fedele; è “solo” la tragedia del nostro tempo. Quello che fece dire a Pasolini, quarant’anni fa, inascoltata Cassandra, che fosse necessario abolire immediatamente la televisione. Perché avrebbe distrutto la nostra identità, appiattito la nostra sensibilità, disattivato la nostra capacità critica. Per terminare, Franco, tutti siamo rammaricati e orfani dell’idea che Padre Fedele ha veicolato per qualche decennio nella nostra civitas. Ma io non me la sento di prendermela con chicchessia: non possiamo lanciare anatemi contro nessuno. Il frate non è stato la vittima sacrificale di alcuna trama oscura, e Il Giornale, Libero, la P2, la P3 e la P4 hanno ben altro a cui pensare.

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