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di ANNAROSA MACRI’
Tutta la città ancora ne parla. E pure tutto il mondo, da Le Figaro al New York Times. Sì, di un’Italia normale, di donne normali, che in una domenica di febbraio hanno spento i fornelli, si sono dette “se non ora quando?”, sono uscite di casa e sono scese in piazza. E in quell’Italia anche la Calabria, vivaddio!, una Calabria finalmente normale: Reggio come Milano, Roccella come Roma, Catanzaro come Torino. In piazza, senza partiti e senza leader, senza servizio d’ordine e senza vessilli. Le uniche bandiere erano i libri, perché le donne sanno. Centinaia di libri branditi verso il cielo da centinaia di donne “indecorose e libere”, come c’era scritto in un cartello, nella piazza scoppiettante di Cosenza. La femminista con nostalgia: Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. La sofisticata con moderazione: Pygmalion di George B. Shaw. La filosofa con indignazione: Sii bella e stai zitta di Michela Marzano. La classica con ironia: La signora delle camelie di Alexandre Dumas. La ex sessantottina con rimpianto: Penelope va alla guerra di Oriana Fallaci. Sì, dev’essere proprio una ex sessantottina la donna che imbraccia questo piccolo vangelo femminista degli anni Sessanta. La guardo, mi sorride, sono un medico, dice, scopre la prima pagina e mi mostra due date: una l’ha scritta lei quand’era ragazzina, Pisa, 1973; l’altra, Cosenza, 2011, l’ha scritta sua figlia che ragazzina è appena diventata ed è in piazza con sua madre, perché litighiamo per mille motivi, mi spiega, ma sui valori fondamentali siamo state sempre d’accordo. Valori, ha detto, quasi una parolaccia, e infatti: vergogna!, ha tuonato il sultano di Arcore, vergogna! Valori: la dignità, prima di tutto, e quella cosa un po’ smarrita che ha a che fare con la dignità e che è la capacità di indignarsi. Stessa radice, non solo etimologica. Non soldi, né potere, né prestigio, ma valori. Quelli che non hanno prezzo, perché costano troppo o non costano niente. Liberazione dal bisogno, diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, difesa delle istituzioni, rispetto delle minoranze, accoglienza dei diversi. Ditelo alla sinistra, alla ricerca di un programma smarrito, che in fondo di questo si tratta e che ce l’ha sotto gli occhi. Libertà di scegliere. Come amare e come morire. E chi deve rappresentarci. Basta col televoto, vogliamo il voto libero. Vi restituiamo lo share, vogliamo la maggioranza. Anzi, sapete che c’è di nuovo? Che siamo la maggioranza. Da San Giovanni in Fiore è arrivato un pullman pieno di ragazze. Hanno un solo libro con loro. Quale? Il più rivoluzionario di tutti: la Costituzione. “Meno concorsi di bellezza e più concorsi”, c’è scritto in un cartello. E in un altro “Io a mia figlia non te la do”. E su un altro “L’obbedienza non è più una virtù”. Che bella Piazza Kennedy la mattina del 13 febbraio piena di donne e di allegria. Che belle le mie compagne di strada in questa domenica che hanno già preparato il sugo per il pranzo della festa e sono uscite in fretta, ché “se non ora quando?”. Che bella la faccia dell’edicolante che ha finito alle 11 tutti i giornali, e ce ne fossero ogni giorno di donne così a corso Mazzini, commenta sorpreso. Non sapeva neanche lui che a Cosenza ce ne fossero tante. Che bella la passionale temeraria capacità delle donne di saltare tutti i se e tutti i ma, calcoli e passaggi, e agire con impetuosa saggezza, come solo loro sanno fare. Non fateglielo sapere, ma il miracolo, stavolta, l’ha fatto davvero, il Ruby’s Papi. Meno tasse per tutti? ma no, quella era una barzelletta. Un milione di posti di lavoro? Macché, era una bischerata. Il miracolo del Ruby’s Papi è che riuscito a rimettere in piedi il movimento delle donne. Erano confuse, isolate e smarrite, e adesso, adesso sono una forza che non si può contenere, vedrete. La grande marcia è appena all’inizio. Tremate, tremate: le streghe son tornate. Cresciute, “indisponibili e ribelli”, come c’è scritto in un cartello. Tutte insieme, certo, ma in un modo inedito: hanno archiviato il pensiero unico femminista o post-femminista, con quel tanto di fondamentalista e, perdonatemi, di disarmonico che comporta/va. Tutte insieme, ma col valore aggiunto della diversità, della individualità, della unicità. Delle idee, delle esperienze, delle età, delle sensibilità, persino delle ideologie. No, non era l’odio nei confronti di Silvio Berlusconi a tenerle, a tenerci insieme, ma l’antiberlusconismo invece, che è altra cosa. Questo era il vero collante della piazza del 13 febbraio: l’uso smodato del potere, la menzogna dell’arroganza, la strumentalizzazione delle debolezze altrui, la diabolica illusione che tutto può essere comprato, un corpo, una serata, la dignità. Tutto questo, lo sappiamo, non è prerogativa solo di Berlusconi, naturalmente, ma di tanti berluscones e di tante berlusconine che lui ha sdoganato e che insidiano e opprimono i nostri condomini, i nostri posti di lavoro, le nostre televisioni, il nostro Parlamento. La nostra vita, che può e deve essere liberata. E non è solo un sogno, può e deve essere un progetto. Perché c’è una novità. Le donne del 13 febbraio erano l’avanguardia di un popolo fatto anche di uomini. Ce n’erano tantissimi, anche a Cosenza, a Reggio, a Catanzaro: uomini calabresi, pensate un po’, non a rimorchio delle loro donne, né insieme a loro per proteggerle e controllarle, ma davvero loro compagni. Credo che non sia mai accaduto, specialmente dalle nostre parti, che gli uomini abbiamo lasciato, davanti agli occhi della gente, come si dice, le loro donne prendere l’iniziativa di indicare la strada senza sentirsi in soggezione. Leggete la piazza del 13 febbraio come una metafora della scelta della classe dirigente di domani, anche in Calabria, perché no. Donne che si rimboccano le maniche e dicono: lasciate fare a me, come accade in migliaia di case calabresi e italiane, che tengono in piedi con intelligenza, con fantasia, con fatica e con allegria. E con dignità. Perché non dovrebbero saperlo fare in questo Paese sfiancato, umiliato e offeso da quasi vent’anni di un potere maschile e maschilista arrogante e volgare che pretende di comprare, e qualche volta compra davvero, coscienze di uomini e di donne come fossero ville, e che nelle cene di Arcore, come Trimalcione, ha solo messo in scena l’epilogo tragico della fine flaccida della sua decadenza. Liberateci da un vecchio che ha sporcato la condizione più nobile che c’è, la vecchiaia. Il femminismo, qui non c’entra nulla. Noi lo sappiamo che ci sono moltissimi uomini che non sono papi, ma sono padri, fratelli, mariti. Con dignità. Uno per tutti: non so neanche chi sia, ma ho sbirciato sulla cartolina metaforica che ha scritto al premier (sì, c’era anche il banchetto della “posta per te” nella domenica del “se non ora quando?”). C’era scritto: Berlusconi, vattene e non preoccuparti. Ci penso io a vergognarmi per te. Tu devi fare una sola cosa: dimetterti.

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