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di DOMENICO TALIA
Le rivolte nordafricane hanno mostrato la presenza di un nuovo luogo di battaglia e di protesta politica, solo apparentemente virtuale: il campo di battaglia di Internet. La rete è diventata un terreno di lotta politica fondamentale tra i manifestanti che la usano per diffondere le notizie delle proteste e per organizzare le rivolte e i governi autoritari che tentano di bloccarla, di controllarla e a volte anche di usarla per diffondere proclami o scoprire nemici. Il ruolo giocato da Internet in queste settimane in Tunisia, in Algeria ed in Egitto sembra aver messo in secondo piano il ruolo degli usuali mezzi di comunicazione più tradizionali come la carta stampata e le televisioni che non stanno svolgendo la stessa funzione svolta nelle rivolte dei decenni scorsi. Mentre in Tunisia aumentavano le proteste, i siti Internet bloccati dal governo diventavano tantissimi. In Egitto addirittura il governo è riuscito a fare quello che mai era accaduto prima: bloccare quasi tutte le connessioni Internet e la rete dei cellulari, cosa che il governo tunisino non ha fatto per ignoranza o sottovalutazione, anche se la Angence Tunisienne d’Internet (Ati) ha controllato i siti web e tutte le email in entrata e in uscita dalla nazione e ha bloccato quelle che gradite al governo. Il potere tunisino ha anche modificato i contenuti di molte comunità di utenti di Facebook che inserivano contenuti di protesta. Allo stesso tempo, molti siti Internet governativi sono stati attaccati dagli hacker. Tuttavia, appena è caduto il regime, la rete tunisina si è adattata. Infatti, dopo la cacciata di Ben Ali, il nuovo ministro delle Comunicazioni e della Tecnologia ha cambiato le regole di filtraggio dei contenuti di Internet, limitandolo solo ai contenuti che offendono la morale (come la pornografia) e chiedendo l’autorizzazione di un giudice prima di poter filtrare un sito web. Occorre precisare che in nazioni come la Tunisia o l’Egitto, solo il 30% della popolazione usa Internet. Tuttavia, nelle proteste e nelle rivoluzioni che stanno cambiando la faccia del Nord Africa, le email, il web, e in particolare Facebook e Twitter hanno giocato un ruolo importante, mostrando come ormai la tecnologia è sempre più una protagonista fondamentale delle proteste sociali moderne. Anche il presidente degli Usa Barack Obama, sempre attento all’uso sociale delle nuove tecnologie, non si è lasciato sfuggire l’occasione di sottolineare l’importanza della rete. Facendo riferimento alle rivolte delle nazioni del Maghreb, Obama ha ribadito che “certi valori . sono universali: libertà di parola e di espressione; la gente deve poter usare gli strumenti di social networking”. La stessa apertura ovviamente Barack Obama non l’ha espressa nei confronti di altri servizi Internet come quelli di Wikileaks che, attraverso la diffusione di informazioni riservate dell’amministrazione Usa, hanno messo in crisi le relazioni diplomatiche degli Stati Uniti e di diversi paesi occidentali. Come si è detto, lo scorso 27 gennaio in Egitto è accaduto un fatto storico per la rete Internet: L’interruzione quasi totale del servizio in una nazione. Un evento che gli esperti non credevano potesse accadere a causa della natura distribuita e pervasiva di Internet e che invece è potuto avvenire in Egitto grazie al numero molto limitato di fornitori di connettività. Il blackout della rete egiziana è un evento senza precedenti e molto preoccupante per Internet e per i suoi utenti, poiché dimostra come un paese con un forte controllo, in presenza di pochi provider, può ordinare di staccare la spina improvvisamente, isolando una nazione e tutti i suoi abitanti dal collegamento telematico con il resto del mondo. Occorre comunque considerare che dopo il blocco, Google è tuttavia riuscito a bucare la censura del web operata dal governo di Mubarak, in cooperazione con Twitter, permettendo, seppure in parte, le comunicazioni degli egiziani con il mondo esterno. Google ha infatti messo a punto uno strumento con il quale gli utenti hanno potuto continuare a comunicare inviando messaggi sul sistema di microblogging attraverso la voce: avendo a disposizione alcuni numeri di telefono internazionali, gli utenti hanno potuto lasciare messaggi vocale e il servizio istantaneamente «twittava» i messaggi taggandoli con la parola “egypt”. Per tradurre il progetto in realtà, i tecnici di Google hanno lavorato senza sosta per qualche giorno con un gruppo di ingegneri di Twitter e SayNow. Gli interessati hanno così potuto ascoltare i messaggi chiamando gli stessi numero di telefono o visitando la pagina twitter.com/speak2tweet. Questo esperimento, ha una valenza di innovazione che supera l’aspetto tecnologico, pure molto importante, e dimostra come la libertà di espressione e di comunicazione può essere difesa anche tramite soluzioni molto evolute che innovano sul piano tecnico e sociale aprendo spazi di libertà nuovi quando il potere tenta di negare ai cittadini quelli disponibili. Come ulteriore esempio, si pensi che quando si è diffusa la notizia dell’intenzione del regime egiziano di bloccare Internet e le reti mobili, gli abitanti de Il Cairo hanno reagito rimuovendo le chiavi di accesso alle loro wifi domestiche per permettere alle persone che si trovavano nelle vicinanze di poter accedere alla rete per ricevere e trasmettere messaggi e per aggiornare i siti web che informavano sulle proteste. Tutti questi fatti dimostrano come Internet sia stata considerata dai regimi nordafricani anche più pericolosa delle sassaiole o delle rivolte di piazza. In passato esperienze simili, anche se di dimensioni ridotte, si sono verificate in Iran e in Birmania. Seppure i luoghi fisici della protesta, gli scontri notturni o alla luce del sole nelle strade, le grida e il sangue nelle piazze sono stati determinanti per le rivolte del Nord Africa, le reti sociali, le email ed i cellulari hanno svolto un ruolo nuovo e rilevante nell’organizzazione delle proteste tunisine, algerine ed egiziane, ed hanno mostrato il nuovo volto della rete come mezzo catalizzatore e moltiplicatore delle proteste sociali. Il blocco dell’accesso a Internet, ai social network e alle email è stata una delle strategie d’argine attuate dal Potere per impedire il propagarsi dei disordini. Questa strategia non è del tutto riuscita ed infatti Internet ha comunque ripreso gradatamente a funzionare in quelle nazioni. Rimane il fatto che le insurrezioni contro i regimi del Maghreb e dell’Egitto, oltre a determinare il cambio delle guide politiche in quelle nazioni, hanno dimostrato a tutto il mondo come la rete Internet può essere un fattore di primo piano nei conflitti sociali e politici e come il suo uso potrà condizionare fortemente gli sbocchi politici delle future proteste sociali del XXI secolo.

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