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di ENZO ARCURI
Puntualmente, ogni anno, a inizio estate, la Calabria scopre che il suo turismo arranca, non tira, raccoglie le briciole della grande domanda di vacanze, solo qualche percentuale che in soldoni significa poco o nulla, tutt’altro che elemento trainante dell’economia regionale. Quest’anno le valutazioni degli operatori del settore sono a dir poco catastrofiche, parlano di una flessione delle prenotazioni del 20 per cento rispetto all’anno scorso che non è stato un anno d’oro. Probabilmente il bilancio a fine stagione sarà migliore, probabilmente ci sarà anche qualche punto in più. Anche perché quello calabrese è un turismo domestico nel senso che sono in larga parte italiani quelli che scelgono il mare o la montagna calabrese per le proprie vacanze, e dunque forse molti in Italia, complice anche la crisi, devono ancora decidere dove e quando andare in ferie. Flessione o non flessione, c’è, tuttavia, da prendere atto con onestà che il turismo in Calabria non è ancora decollato a dispetto delle grandi potenzialità presenti sul territorio regionale e nonostante le molte risorse impegnate in quaranta anni di regionalismo per sostenere l’industria delle vacanze. In tutti questi anni sul turismo si sono sprecati i luoghi comuni ed ha trionfato la retorica, mentre si consumavano aggressioni selvagge del territorio, la costa veniva irrimediabilmente invasa dal cemento, era colpevolmente assente una politica di adeguamento dei servizi civili, sistema fognario innanzitutto, il mare si ammalava facendo scappare i bagnanti. Nel frattempo la Regione ha investito milioni di euro nell’allestimento di stand nelle borse turistiche in l’Italia (Milano) e in Europa (Berlino) e per le campagne promozionali in televisione e sui giornali. Qualcuno aveva ammonito il governo regionale, provocatoriamente era stato sollecitato a fermare ogni iniziativa promozionale e a provvedere piuttosto ad una radicale bonifica del territorio per restituire al mare i colori magici della sua storia secolare e farne davvero il valore aggiunto dell’offerta turistica calabrese, fortemente penalizzata, invece, da un mare in più tratti di costa al limite dell’agibilità. Come puntualmente ogni anno certifica Legambiente e come quest’anno ricorda anche un rapporto europeo, che colloca la Calabria, assieme a Sicilia e Campania, ai primi posti per numero di punti non balneabili. Ed invece la Regione non ha resistito al fascino dei grandi raduni fieristici ed al richiamo del piccolo schermo. Così, avanti tutta sulla solita strada, la promozione dell’immagine della Calabria e del turismo è stata affidata, tre anni fa, al “siamo tutti mafiosi” di Oliviero Toscani, l’anno scorso al “noi ci mettiamo il cuore” di Gattuso e quest’anno al “pari e dispari” dei Bronzi di Riace, campagne costosissime, a suon di milioni di euro, che sono state certamente un affare per i creativi ma che hanno prodotto poco o nulla per il turismo calabrese, come testimoniano i magri bilanci degli anni passati e le previsioni tutt’altro che incoraggianti di questa estate. Insomma l’esperienza insegna che non basta uno spot, peraltro mal costruito e poco efficace, per convincere i turisti a preferire la Calabria rispetto alle altre mete del turismo italiano, dalla Sardegna alla Liguria, dalla Sicilia alla Puglia. Ci vuole ben altro, a cominciare dai trasporti. L’autostrada Salerno – Reggio Calabria, l’unica che ha rotto il secolare isolamento della regione, è ancora sottosopra per i lavori di ammodernamento che chi sa quando finiranno. La Calabria assieme alle altre regioni del Sud è fuori dai programmi dell’alta velocità, mentre l’ente ferrovie annuncia nuovi lavori sulla linea Roma – Milano per accorciare ulteriormente i tempi di percorrenza ma da queste contrade non una voce si è levata e si leva a difesa del buon diritto dei calabresi e dei meridionali a disporre di un servizio ferroviario all’altezza dei tempi e delle accresciute esigenze di mobilità. Rimane l’aereo ma i tre aeroporti sono concentrati in un’area tutto sommato ristretta, qualche decina di chilometri l’uno dall’altro, abbastanza distanti dalla parte settentrionale della regione, quasi metà del territorio, un’area strategica anche per il turismo regionale. E dunque arrivare in Calabria non solo dall’Europa ma anche dalle regioni della Penisola economicamente più forti è impresa spesso faticosa e comunque assai costosa, il costo del viaggio è una voce molto pesante nel carnet della vacanza. Anche per questo occorre una forte motivazione da parte di chi decide di fare in Calabria le sue vacanze. Insomma non c’è, come si dice, molta trippa per i gatti. Ed il turismo langue. Quel che serve è un forte balzo nella qualità dell’offerta, una straordinaria capacità di rivoltare la situazione, una vera e propria rivoluzione culturale, un impegno corale che deve coinvolgere istituzioni ed operatori, a cominciare dalla Regione per arrivare, passando attraverso gli enti territoriali e le associazioni di categoria, ad albergatori e ristoratori. Il governo regionale, che per la prima volta nella storia quarantennale della Regione non ha un assessore al turismo, ha annunciato la redazione di un piano triennale per il turismo e l’avvio dei piani integrati territoriali. Se questi strumenti avvieranno la rivoluzione culturale di cui il turismo in Calabria ha bisogno, saranno i benvenuti. Se invece serviranno soltanto a spendere un po’ di soldi per non farli ritornare a Bruxelles, come, purtroppo, è finora accaduto, beh allora per carità non si continui a raccontare frottole e la si smetta di prendere in giro i calabresi. Ai quali non resta che mettersi l’anima in pace e riconoscere che il turismo in Calabria rimane una chimera. Nonostante tutto, il mare, il paesaggio, i monumenti, le tante potenzialità ed anche il cuore generoso richiamato da Gattuso.

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