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di SAVERIO MUSOLINO
Come calabrese che vive da tempo a parecchi chilometri di distanza, non posso negare che mi abbia fatto piacere vedere in tv gli spot che, sin dalla scorsa settimana, preannunciavano la trasmissione dell’evento “Miss Italia nel mondo” dal lungomare di Reggio Calabria, con immagini suggestive dei paesaggi della Regione. Assistendo all’evento televisivo ho tuttavia avuto, pian piano, la sensazione che i ripetuti apprezzamenti nei confronti di Reggio e della stessa Regione da parte dei conduttori fossero “pelosi”, cioè non spontanei ma dettati da esigenze di copione (e di contratto). Appariva sempre più evidente che la scelta della Calabria era stata dettata, più che dalle bellezze naturali, da una miglior proposta commerciale contenuta nella sponsorizzazione da parte della Regione medesima. Questa situazione, in pieno 2011, non ci scandalizza, anche se alimenta una sorta di delusione per la scelta dei contenuti degli spot turistici, di cui la trasmissione era impregnata, affidati alla uscente miss dominicana. Viene da chiedersi come mai si sia inteso promuovere le bellezze calabresi limitandosi a mostrare delle “fredde” immagini dei luoghi, come delle cartoline “mute”, nella convinzione che l’evocazione del mare, dei monti, dei panorami (accompagnati in verità dai commenti della miss e del suo partner, sui quali è meglio tacere.) fossero di per sé sufficienti a trasmettere un’immagine positiva della Regione, sottacendo che quei luoghi sono in realtà ancora “caldi” degli eventi accaduti 150 anni fa, un tempo non lontanissimo. Spieghiamoci meglio. Perché non ricordare, di fronte al suggestivo scenario dello Stretto visto da S. Trada, che proprio lì, nei pressi del Forte di Altafiumara, i primi 200 garibaldini, al comando del calabrese Benedetto Musolino, erano sbarcati la notte dell’8 agosto 1860, precedendo il Generale di 10 giorni e, unendosi ai “prodi calabresi” guidati dal reggino Plutino, spianarono la strada all’arrivo dei Mille sul continente italiano? Eppure una stele, apposta nei pressi sin dal 1961, rievoca l’impresa. Ancora: perché limitarsi a mostrare la peculiare conformazione della montagna di Pentedattilo, sottacendo che, a pochi chilometri da lì, si erge San Lorenzo, il primo Comune del continente a distaccarsi dal regno borbonico in nome dell’adesione all’Italia, sin dal 18 agosto 1860, quando ancora Garibaldi non era giunto: arriverà l’indomani sulla spiaggia di Melito Porto Salvo, a breve distanza da lì. Per finire (ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi), vi è da chiedersi che cosa abbia impedito di corredare le immagini di Piazza XV Marzo a Cosenza con una breve didascalia, dove spiegare che, nel 1848 in quei luoghi si combatteva e si moriva in nome dell’Italia unita (si pensi che l’organo di stampa del governo rivoluzionario recava il titolo profetico “L’Italiano delle Calabrie”). Stiamo forse parlando di “anticaglie” da far marcire in fondo alla soffitta in nome di un imperante modernismo? Il dubbio sorge spontaneo. Certo è che si è persa un’occasione forse unica per promuovere la Calabria e la sua storia, almeno quella recente (prescindendo dai Campanella e dai Telesio), in questo 150° dell’Unità, e per dimostrare all’Italia, e forse al mondo intero, che questa vituperata Regione ha dato al Paese molto più di quanto non abbia poi ricevuto: un credito risalente nel tempo ma ancora esigibile, da riscuotere (almeno moralmente) al cospetto di quei politici – del Nord in particolare – che la rappresentano continuamente come una palla al piede per il Paese. E’ una virtuosa coincidenza, da sottolineare, che luoghi meravigliosi siano stati al contempo lo scenario di gesta eroiche, anche se poco o affatto conosciute, o no? O forse, per esigenze di marketing, la storia -e quindi la cultura – deve essere nemica del turismo? La Regione Calabria, fino ad ora, ha rievocato poco e male, in questo 150°, il contributo dei propri figli alla causa dell’unità nazionale, compreso l’apporto all’impresa dei Mille che, vinte le resistenze borboniche a Reggio (dove anche il castello aragonese assistette a sanguinosi eventi) e nei dintorni, intrapresero una “trionfale passeggiata” fino a Napoli, consentendo a Garibaldi di consegnare, dopo l’ultimo ostacolo sul Volturno, l’Italia al re Savoia. Fortunatamente, alcune di tali lacune saranno colmate con l’esposizione, nella mostra sui patrioti meridionali che verrà inaugurata a Napoli il prossimo 1º ottobre dal presidente della Repubblica, della corrispondenza, tra le due sponde dello Stretto, tra Giuseppe Garibaldi e il calabrese Benedetto Musolino, tra il 9 e il 19 agosto 1860. Fino ad ora, la Regione non ha inteso dare alcuna rilevanza a questa documentazione, custodita nell’archivio del patriota di Pizzo e che è a disposizione del Presidente della Regione, ove ritenesse significativo consegnarla simbolicamente per l’esposizione allo stesso Presidente della Repubblica, quale testimonianza indelebile dell’apporto della comunità calabrese alla causa unitaria. Ove il presidente decidesse di venire a Pizzo per il prossimo 30 luglio avrebbe modo, oltre che di visionare l’archivio del patriota, di presenziare ad uno degli eventi culturali più longevi dell’arte calabrese, il Premio di Pittura Città di Pizzo, che, nel lontano 1954, una delle prime donne-sindaco d’Italia e della Calabria, Diana Musolino (discendente del patriota), ideò, nella convinzione che l’arte avrebbe consentito di far conoscere ed apprezzare, in un’epoca in cui non c’erano le comunicazioni di massa, le bellezze dei paesaggi del Sud (che costituivano oggetto delle rappresentazioni pittoriche) e al contempo di elevare culturalmente la comunità. Per lunghi anni, questa donna di antica tempra, pur dismessa la carica di sindaco, ha portato avanti questo evento culturale in proprio, senza l’ausilio – se non occasionale – delle istituzioni, fino allo stremo delle sue forze: solo la morte l’ha allontanata dalla sua creatura. Per evitare che un così rilevante patrimonio culturale andasse definitivamente perduto, un manipolo di volonterosi ha curato l’edizione del 2010 e sta organizzando, con gli scarsi mezzi a disposizione, quella che si terrà a Pizzo il 30 luglio 2011 (la 57ª!), nell’indifferenza degli enti locali, che “non hanno soldi per la cultura”. Neppure la Regione, che pur ha distribuito 500.000 euro per la cultura (e per sostenere l’evento sarebbe stata sufficiente una quota infinitesimale del Fondo), sosterrà la manifestazione, ostandovi insuperabili vincoli formali (pare che sulla busta contenente la partecipazione al bando non sia stata indicata la formula “avviso pubblico”: quando si dice il peso delle parole!). E’ possibile far morire la cultura per un mero formalismo, per un bizantinismo? Presidente Scopelliti, venga a Pizzo e si renderà conto che la bellezza del paesaggio e la bontà di un inimitabile gelato possono andare a braccetto con la cultura, si tratti di storia o di manifestazioni artistiche.

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